I VOLTI NUOVI DI MILANO ALESSANDRO PASQUARELLI

«Io ho studiato economia, ma non ci voleva un genio per capire che la viabilità non andava bene. Una croce proprio in mezzo, bastava spostare le strade all’esterno. Per forza nessuno dei dodici progetti degli architetti in gara funzionava». Alessandro Pasquarelli ha per le mani 2 milioni di metri quadrati di vecchia città da far rinascere. Amministratore delegato di EuroMilano, società di sviluppo immobiliare dal 1986, sfoglia le vecchie mappe di Cascina Merlata, un nome sbattuto per giorni sui giornali come un mostro. La polemica che sempre di più si mangia la politica. «Una speculazione legata all’Expo? Ma se quando l’abbiamo comperata, Milano all’Expo non pensava nemmeno di candidarsi?». Elegante, 47 anni, moglie e due figli piccoli, un ufficio grande come quello della sua assistente, spartano, ma con un bel crocefisso, Pasquarelli si occupa del recupero di aree metropolitane storiche, dimenticate e dismesse. «Investiamo nelle periferie. Speculazione? Siamo un’azienda industriale, compriamo un terreno e facciamo un progetto di qualità. Almeno ci proviamo. Riqualifichiamo». Quarto Oggiaro, Bovisa, l’ex Alfa di Arese, le ex cascine Binda sul Naviglio Pavese, Certosa lì dove c’erano le raffinerie, la collina degli Erzelli a Genova. E ora Cascina Merlata, con anche il villaggio per i lavoratori dell’Expo.
Intesa Sanpaolo, Ugf assicurazioni, Canova 2007 e le cooperative di abitanti di Prospettive urbane nel capitale. Cemento. «L’importante è lavorare sul prodotto. Qui ci sono 1.500 appartamenti. Sappiamo che siamo a Quarto Oggiaro, ma questo è uno dei primi teleriscaldati di Milano - spiega con passione - Qui la gente risparmia il 20 per cento. Questa è qualità della vita. Per 4mila persone, il 12 per cento extracomunitari. Come qualità della vita è il regolamento di condominio che disciplina tutto. E, infatti, i residenti stampano un giornale, fanno due feste all’anno. Tutti insieme».
Cascina Merlata è la nuova sfida. Appartamenti da 1.900 a 3.400 euro al metro. Edilizia agevolata, convenzionata, libera. «Il verde? Funziona solo se si integra con il costruito. Basta progetti con le case da una parte e i prati dall’altra». Perché «ci vuole il verde intorno, luoghi dove l’occhio e l’orecchio della madre funzionino. Questa è la distanza giusta per i figli». Una volta c’era la raffineria della Fina, tra dieci anni ci saranno 3.800 appartamenti. «Ma noi proviamo a lavorare sempre sulla qualità, ci vuole visione d’insieme, venti architetti al lavoro e una piramide». Come si fa? «Una volta, quando ho cominciato io, a lavorare c’erano solo gli architetti di regime. Oggi arrivano da tutto il mondo. Gli inizi? «Una cooperativa con mille appartamenti di patrimonio aveva un presidente che veniva dalla Breda. Operaio. Andava bene così, ma ora si sono dati una mossa». Una sfida dopo l’altra. «Tutte le volte che abbiamo fatto qualcosa, ci dicevano: “fallirete”. Magari qualche volta ci siamo andati vicino». Come si può voler bene a Milano, pur facendo affari? «Cerchiamo di costruire un laboratorio. Questo consente di investire su giovani talenti che farebbero fatica a entrare nel mercato». E il capitale sale. I soci hanno sempre reinvestito gli utili nella società. Tante critiche, speculatori, palazzinari. «È un mestiere difficile. Da qualunque parte ti giri, è quasi ovvio che ti vedano come il “cattivo”. È chiaro che invadi un territorio per dieci anni». In cambio? «Lavorando sulla qualità, crei una cultura e puoi far capire e dimostrare che si possono creare prodotti buoni. Le aziende non sono più padronali, in questo settore si può creare una nuova classe dirigente». Un benefattore? «No. Fare bene è anche il modo migliore per vendere».
«Ad EuroMilano ero arrivato per chiudere l’azienda. Ma c’erano ragazzi bravissimi. Ho detto “facciamo il Politecnico”. Tre possibilità: le archistar, qualche archistar de noantri trovata da queste parti, oppure lo fate voi. Lo hanno fatto loro. E sono ancora qui a disegnare i nostri progetti. Eravamo in 19, oggi siamo in 70. E in azienda il 90 per cento ha meno di trent’anni». Un bene? «I giovani non vogliono essere assunti. I bravi finiscono all’estero, vanno in grandi studi, si mettono in proprio». Il futuro di Milano? «Non ci sono più progetti singoli. Milano sopravviverà solo se riuscirà a far rete. Non si lavora più da soli. E bisogna lasciare qualcosa di buono a chi viene dopo.
Gli amministratori. Destra e sinistra? «In questi progetti non c’è la politica. Non mi interessa come la pensi, mi interessa solo se ascolti le cose che ti racconto. E così magari anch’io capisco che sto sbagliando». Il Pgt? «Se le regole ci sono, anche noi possiamo competere. Senza regole è impossibile. Questo settore funzionerà solo se resterà trasparente». I vecchi costruttori, le grandi famiglie? «Tutti devono andare bene, non ci possiamo più permettere fallimenti. Io, Manfredi Catella, Cabassi, siamo tutti quarantenni». Il futuro? «Il giocattolo funziona se restituisci quello che prendi». EuroMilano ha regalato Triennale Bovisa. «La città nuova per essere competitiva deve accogliere chi vien da fuori. E per questo serve qualità». Moratti e Cascina Merlata? «Prima ha voluto capire tutto. Poi non ha più fatto un passo indietro». Il modello? «L’Olimpiade di Torino. Nel villaggio la gente ci vive. E bene».

I giovani? «Il tema oggi è accompagnarli a comperare la casa magari usando parte dell’affitto pagato per costruire la base per il futuro acquisto». Le banche? «Il ruolo di una grande banca è lavorare per il sistema Paese. E questo è un pezzettino».

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