Ibm studia i manager per proporre nuove soluzioni

Una ricerca condotta da IBM su più di 1.500 Chief Executive Officer di 60 paesi e 33 settori a livello mondiale rivela che i CEO credono che, per navigare con successo in un mondo sempre più complesso, più del rigore, della disciplina nella gestione, dell'integrità e addirittura della "visione" sia necessario possedere la creatività.
Basato su interviste realizzate mediante incontri diretti effettuati dall'IBM Institute for Business Value, il CEO Study IBM 2010 rivela che meno della metà dei CEO globali ritiene che la propria azienda sia adeguatamente preparata a gestire un contesto di business altamente volatile e sempre più complesso. I CEO si trovano di fronte a importanti cambiamenti - regolamenti governativi, mutamenti globali nei centri di potere economico, rapida trasformazione a livello industriale, volumi crescenti di dati, rapida evoluzione delle preferenze espresse dai clienti - che, secondo lo studio, possono essere superati instillando la "creatività" all'interno delle organizzazioni.
Oltre il 60% crede che la trasformazione industriale sia la principale causa dell'incertezza ed emerge la necessità di individuare modalità innovative per gestire la struttura di un'organizzazione, le finanze, le risorse e la strategia.
Inoltre, lo Studio mette in evidenza una netta divergenza tra le priorità e i timori strategici di chi ha responsabilità di un'azienda in Asia, Giappone, Europa e Nord America: è la prima volta in cui emergono variazioni regionali così evidenti in questa indagine biennale che coinvolge i leader del settore pubblico e privato.
Gestire la complessità
Secondo quanto dichiarato dagli intervistati, l'ambiente di business di oggi è volatile, incerto e sempre più complesso. Otto su 10 si aspetta un significativo aumento della complessità del contesto in cui opera, ma solo il 49% ritiene che la propria organizzazione sia equipaggiata per gestirla con successo - la più grande sfida di leadership individuata in otto anni di ricerca.
I manager affermano che la complessità di un mondo interconnesso è esacerbata da una serie di fattori. I CEO, ad esempio, sostengono che dovranno raddoppiare il fatturato da nuove fonti nei prossimi cinque anni; mentre il 76 % prevede il passaggio del potere economico ai mercati in rapido sviluppo.
Nel corso degli ultimi quattro studi, l'importanza dell'atteso impatto della tecnologia sulle organizzazioni è salito dal 6° al 2° posto, contribuendo allo sviluppo di un mondo multiforme e massicciamente interconnesso.
Lo Studio mette in luce le caratteristiche delle migliori organizzazioni, in termini di fatturato e utili, nel corso degli ultimi cinque anni, incluso il periodo della recessione economica.
- Le organizzazioni che raggiungono le prestazioni più elevate hanno il 54% di probabilità in più delle altre di prendere decisioni rapide. I CEO hanno affermato di aver imparato a reagire rapidamente grazie a nuove idee in grado di indirizzare i profondi cambiamenti che interessano le proprie organizzazioni.
- Il 95% di tali organizzazioni ha individuato nell'avvicinamento al cliente la più importante iniziativa strategica dei prossimi cinque anni - utilizzando i canali web, interattivi e i social media per ripensare al modo di coinvolgere clienti e cittadini. Considerano l'esplosione storica di informazioni e i flussi informativi globali un'opportunità, più che una minaccia.
- Rispetto alle aziende più tradizionali, le organizzazioni che hanno sviluppato un'eccellente abilità operativa prevedono di acquisire il 20% in più dei ricavi futuri da nuove fonti.
Un unico mondo, vedute divergenti
La vasta complessità è acuita dalle differenze regionali. Lo studio ha osservato che i punti di vista variano a seconda dell'area geografica - con divergenze di opinione rispetto a quali cambiamenti apportare, a quali nuove competenze serviranno e a come avere successo nel nuovo contesto economico. Queste variazioni regionali contribuiscono ad aumentare le complessità con cui i manager devono confrontarsi.
La Cina si è dimostrata essere la nazione con maggiore capacità di ripresa rispetto ai paesi sviluppati durante la recessione economica. Per questo i manager cinesi sono comprensibilmente meno preoccupati della volatilità rispetto a quelli di altre regioni. In realtà, stanno acquisendo sempre più fiducia nel proprio posto nello scenario mondiale.
Ma se la Cina intenderà soddisfare le sue aspirazioni globali, avrà bisogno di una nuova generazione di leader dotati di creatività, visione ed esperienza di gestione internazionale. Molti dei CEO del paese lo riconoscono: il 61% ritiene che il "pensiero globale" sia una qualità di leadership prioritaria. La maggior parte delle aziende necessiterà inoltre di nuovi modelli e competenze di settore. Non potranno limitarsi a replicare i modelli utilizzati nel proprio mercato interno, che ha una struttura di costi completamente diversa. I manager in Cina dedicano inoltre molte più energie a sviluppare nuove competenze e capacità rispetto ai loro colleghi occidentali.
Nell'America settentrionale, che si è scontrata con una crisi finanziaria che ha portato i governi a diventare i principali stakeholder nell'impresa privata, i manager sono più diffidenti verso il "big government" di quelli di altre regioni. Un buon 87% prevede un maggiore intervento e una maggiore regolamentazione statale nei prossimi cinque anni, il che aggrava il senso di incertezza.


In Giappone, il 74% dei CEO prevede che lo spostamento della potenza economica dai mercati maturi ai mercati in rapido sviluppo avrà un impatto sostanziale sulla loro organizzazione. Viceversa, l'Unione Europea è meno preoccupata di questo cambiamento: qui infatti solo il 43% dei manager prevede un impatto.

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