Ibra c’è, la squadra no E contro il Palermo la salva Emanuelson

L'andata della semfinale di Coppa Italia contro il Palermo finisce in pareggio: 2-2. Lo svedese segna subito, ma la difesa rossonera si spalanca e i siciliani ne approfittano

Ibra c’è, la squadra no 
E contro il Palermo 
la salva Emanuelson

Milano La sua sera, la sera del ritorno di Ibrahimovic, comincia molto presto. Debutta con la notizia del reclamo respinto a Roma (deve saltare Brescia e Bologna e ripresentarsi all'Olimpico di Roma) chiosata dalle amarognole parole di Galliani («È nel mirino degli arbitri, vedo in giro comportamenti molto più gravi che meriterebbero sanzioni») e prosegue nel catino semideserto di San Siro con una partenza-sprint che sembra cancellare le ansie e i dissapori, anche il dispetto per quest'altra squalifica dalle conseguenze ancora indecifrabili. Il primo cross della sera, ispirato dal sinistro avvolgente di Oddo, lo ha scoperto ben piazzato sull'angolo opposto dell'area pronto a fare da sponda e a trovare un altro gol, su azione (ultimo precedente in proposito il 29 gennaio a Catania). Lo snodo, favorevole, invece di mettere le ali al Milan e provvedere a "gasare" lo stesso Ibra, ha avuto l'effetto di un anestetico perché ha consentito al Palermo di riprendersi dallo choc e dallo spavento e di preparare, nel brevissimo volgere di 10 minuti, il pareggio più avanti meritato fino al punto da spalancarsi la strada a uno strepitoso successo.

L'unico protagonista degno di reggere il confronto con Ibra è stato Pastore, finalmente restituito a uno straccio di condizione. Certo il suo "dai e vai" con Pinilla sul limitar dell'area di rigore è risultato un omaggio pasquale della ditta Thiago (molle nella circostanza)-Sokratis che si è perso l'argentino in modo osceno. Va da sé che il terzo esponente chiamato in causa, Amelia, non è stato in grado di opporre alcuna resistenza a quel sinistro ravvicinato ma non certo irresistibile.

La sera di Ibra si è complicata sul più bello secondo una caratteristica di questa sua stagione milanista, con luci fantasmagoriche e ombre relative ai due episodi citati, Bari e Firenze, più Bari che Firenze, "il concorso di colpa" citato da Galliani. A quel punto infatti, invece di dedicarsi al gol, che è poi il suo lavoro, lo svedesone ha cercato il riscatto completo agli occhi di sodali e critici come musa dell'attacco segnalandosi in un paio di assist, dalle traiettorie imperfette che sono la conseguenza di altri due difetti emersi tra i milanisti. Uno è stato il ritmo lento, l'altro è risultato il rendimento discutibile di alcuni esponenti delle seconde linee (Antonini, lo stesso Amelia, Flamini, Sokratis) e dal passo ridotto di Pirlo, appena restituito dopo una vita (ultima vera esibizione il 23 dicembre contro la Roma) al ruolo di titolare.

Il Palermo è stato meno calligrafico, ma più concreto e lucido: ha avuto un portiere attento e un impianto più solido, nelle ripartenze con Pastore è stato in grado di infilarsi tra le maglie larghe dei milanisti (l'argentino sfiora già il palo e il raddoppio nel primo tempo) e di fare dei bei danni come è accaduto puntualmente col contropiede a serramanico scattato in avvio di ripresa (Antonini, tanto per fare un danno, ha tenuto in gioco Hernandez che ha esploso un tracciante finito nell'angolo lontano di Amelia più avanti decisivo su Pastore). Anche qui la famosa difesa blindata del Milan è diventata una banda del buco. Colpa non solo delle perfomances dei singoli ma anche della complessiva tenuta di una squadra inventata da Allegri per risparmiare le risorse in vista di Brescia, sabato sera. La finale di coppa Italia e la possibilità di giocarsi un altro derby sono diventate così un traguardo difficile da conquistare. Al ritorno, bisognerà realizzare una piccola impresa per rovesciare il 2-2.

Da domani occhi puntati su Brescia e sul campionato, da difendere a questo punto con le unghie e con i denti. Cassano ha fatto poco, ancora meno Boateng, Seedorf l'unico baciato dalla condizione.

I cambi di Allegri (Emanuelson e Robinho) hanno aggiunto la stilettata del 2 a 2 siglata dall'olandese, il più vivo della compagnia e inspiegabilmente ignorato da Allegri. Ibra ha chiuso con un lamento legittimo: De Marco, l'arbitro, gli ha negato un rigore evidente. E poi dicono che non ce l'hanno con lui.

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