nostro inviato ad Appiano Gentile
«No, non mi sono tenuto dentro niente in questi giorni», ha detto José appena si è seduto alla cattedra di Appiano. Eppure, dopo dieci mesi di calcio, sembra che l’atmosfera da queste parti sia cambiata, sette punti di vantaggio a quattro dalla fine, unica col campo immacolato, minor numero di reti subite, ma all’Inter gira solo l’ombra dell’energia che circolava a settembre. Ancora José: «Se l’atmosfera sia migliorata o peggiorata dovete dirmelo voi. Forse i giocatori sono stanchi. Hanno già giocato 40 o 50 partite, Cambiasso, Zanetti, Cordoba, Maicon, Stankovic, Muntari, Ibrahimovic sono il nucleo forte e senza di loro non vinci niente. Siamo stanchi come lo sono tutte le altre squadre, per fortuna mancano solo quattro partite, non dieci o dodici. Ibra? È il miglior giocatore del campionato italiano, non possiamo dire che senza di lui siamo la stessa Inter».
Ha detto Mourinho che lo ha visto tranquillo, è rientrato da Malmoe, si è allenato con i compagni ed è tornato casa: «Tranquillo - ha ripetuto José -. Perché è quello che deve fare». Ma i tifosi non sono tranquilli, Ibra li sta tenendo sul filo, se José dice che senza di lui non è la stessa squadra, vorrà pur dire qualcosa. E non si tratta solo di Chievo-Inter. José ricorda che senza Ibra l’Inter ha fatto quattro punti su sei e che Balotelli si responsabilizza maggiormente, ma l’ansia monta e l’ipotizzata partenza di Ibra è un tormento che canalizza ogni notizia in quella direzione: diomio, se ne va, ecco le prove.
Intanto, la storia della villa sul lago di Como, quella a due passi da Cernobbio sulla verticale di Villa d’Este, affittata al costo di 80mila euro l’anno dall’Inter per parcheggiarci i giocatori e girata allo svedese. A ottobre sono iniziati i lavori di ristrutturazione, a dicembre Mino Raiola, il procuratore di Ibra, è arrivato e ha licenziato architetto e maestranze, dopo pochi giorni è comparso nuovamente il cartello in vendita. Il tifoso ci crede e vacilla.
Poi il fotogramma di Ibra che realizza il gol scudetto contro la Lazio. Perché quello è stato il gol scudetto. Mentre Ibra è scatenato verso la curva c’è un solo interista che lo abbraccia, più che altro lo placa, e quell’interista è Marco Materazzi, non esattamente uno del nucleo forte cui faceva riferimento José. E gli altri? E Josè?
Poi la curva. È solo una tregua, il gesto di Ibra non è stato digerito, sicuramente era stato avvertito di non entrare in collisione con la Nord. E poi non ha neppure chiesto scusa, almeno secondo la versione di Mino Raiola: «Non deve chiedere scusa a nessuno, eventualmente sono altri che devono chiedere scusa a lui». Sì, tutto questo ci sta, ma resta l’ostacolo più ostico: l’ingaggio atomico dello svedese che ribalterebbe gli equilibri di qualunque altro club. Il tifoso che riesce a prendersi a martellate anche mentre ritira il premio ha elaborato una transazione talmente bizzarra che merita la segnalazione. Dunque il Laporta o Perez si presentano da Moratti e gli dicono: Ibra costa 70, noi gliene diamo 90, lei ne dà 20 a Ibra e lui firma per noi un quinquennale allo stesso ingaggio di Messi o Raul. Quindi, in realtà, continuerebbe a prendere i suoi 11 mln a stagione, peraltro con una pressione fiscale notoriamente minore in Spagna, quindi guadagnerebbe anche di più.
Insomma, Moratti pagherebbe Ibra per andarsene al Real o al Barça. Ma forse non è per questo che José ieri era un po’ giù di corda. Comunque oggi a Verona l’Inter di Mourinho fa la prima prova scudetto senza Ibrahimovic.
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