Ici alle stelle, la casa ormai è un bene di lusso

In dieci anni l’imposta sugli immobili è cresciuta del 33%. E il contribuente arriva a spendere fino a 2500 euro in più

da Milano

Da balzello a tassa che rischia di assorbire anche più di un mese di lavoro degli italiani: è la storia dell’Ici, l’imposta comunale sugli immobili introdotta il 30 dicembre del ’92 con un apposito decreto legislativo. La casa, insomma, sembra in procinto di trasformarsi da esigenza primaria a bene di lusso. Per rendersene conto è sufficiente considerare gli ultimi dieci anni: dal ’95 al 2005 l’Ici è lievitata del 33% con uno sprint del gettito, passato da 7,5 a 9,9 miliardi.
A fare i calcoli è Confedilizia che ha stimato anche l’aggravio per la revisione del catasto su base patrimoniale prevista dal governo con un collegato alla Finanziaria che tornerà all’esame della Camera a metà mese. Il risultato potrebbe essere un gettito di 30 milioni in più e, sempre secondo Confedilizia, ogni singolo contribuente pagherebbe da 1.000 a 2.500 euro in più. Ipotesi forse limite ma che Confedilizia suffraga con l’evidenza dei numeri.
Questa volta ad aumentare non è l’aliquota applicata ma lo stesso «valore» dell’immobile. Il tutto a causa del collegato alla Finanziaria che, attacca Confedilizia, sancisce «il criterio di un catasto non reddituale come è in tutti i Paesi civili del mondo, ma patrimoniale». Da qui l’ipotesi di oltre 30 milioni di gettito aggiuntivo con cui si «consacra in via definitiva, il principio per cui i proprietari di casa devono pagare le imposte sulla base del valore dei loro beni» e non considerando quanto questi stessi «producono o possono produrre, come avviene in tutti gli altri settori». Quanto ai tributi non si arresta neppure l’ascesa di quello «ambientale» addizionale alla tariffa rifiuti (più 44,81%): 4,46% l’aliquota media per il 2006 contro il 4,43% del 2005. Sfogliando le tabelle in cui l’ufficio studi di Confedilizia ha simulato gli effetti della revisione degli estimi su base patrimoniale si scopre come una «prima casa» da 100 metri quadri triplicherebbe il valore catastale da 100 a 300mila euro con una rendita di 3mila euro contro le precedenti 1.000 e quindi un’Ici (5 per mille) di 1.397 euro (con una detrazione di 103 euro). A conti fatti l’aggravio di imposte è mille euro. Spesa più salata per la «seconda casa» (sempre 100 mq, 300mila euro di valore e 3mila euro di rendita): l’Ici al 7 per mille dà 2.100 euro; l’Irpef al 39% altri 1.560 euro per un totale di 3.660 euro, escluse addizionali Irpef. La differenza di imposte supera quindi 2.441 euro.


Senza contare cosa succederà, sempre per effetto della riforma degli estimi su base patrimoniale, sui principali tributi immobiliari in termini di gettito: imposte indirette (imposta del registro, imposte ipotecaria e catastale) dagli attuali 4,5 miliardi agli 11,3 miliardi; imposte dirette sugli immobili (Irpef, Ires, Addizionali provinciali e regionali Irpef) da 6,8 miliardi ai 13,3 miliardi; Ici dagli attuali 10 miliardi ai 30 miliardi di euro.

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