Gian Marco Chiocci e Massimo Malpica
Sfila in procura anche lei, Rosetta Iervolino dalle «mani pulite» e dalla giunta decimata dall'inchiesta. Ma il sindaco di Napoli viene convocata dai pm partenopei come persona informata dei fatti. Resta due ore con il coordinatore della Dda Franco Roberti e con i tre sostituti titolari del fascicolo sugli appalti. Al termine i pm decidono di depositare il verbale tra gli atti del Riesame. Evidentemente quanto la Iervolino ha raccontato in quei 120 minuti è in qualche misura utile a sostenere l’accusa. «Alcuni dei miei ex assessori mi hanno delusa», avrebbe detto ai magistrati il primo cittadino. A cui è stato chiesto di spiegare perché, nel rimpasto di giunta dello scorso maggio, venne tolta a Giorgio Nugnes, l’assessore amico di Romeo, coinvolto nelle indagini e morto suicida a fine novembre, proprio la delega sulle strade: «Era venuta la polizia giudiziaria, ho avuto sentore della vicenda e ho preferito non rischiare». Più difficile spiegare come mai nel 2003, quando Romeo vinse in tribunale un contenzioso con il Comune, palazzo San Giacomo non ricorse contro quella sentenza del giudice Antonio Panico, che Romeo indica come «amico» in un’intercettazione presente nell’ordinanza.
Ieri è stata anche la giornata del secondo interrogatorio di Romeo. Cinque ore di fronte al gip e ai pm per affrontare le contestazioni dell’ordinanza. E per chiedere ai magistrati: «Posso andare a casa a Natale?». Se è difficile che l’imprenditore domani sia con la famiglia, è vero che i suoi avvocati sono «più che soddisfatti» per l’esito dell’interrogatorio di garanzia. «Ha risposto a tutte le domande: il sistema Romeo assolutamente non esiste e lo abbiamo dimostrato», spiega l’avvocato Francesco Carotenuto che lo difende insieme a Bruno Von Arx. Al centro dell’interrogatorio, il famoso appalto in global service sulla manutenzione delle strade di Napoli. E qui Romeo ha difeso non solo il suo operato e gli appalti vinti in altre città come Roma e Milano, ma anche la formula stessa della gara. «Il global service è una formula sperimentata all’estero - ha spiegato - per esempio a Berlino. E anche in Italia: ci sono città come Bologna, Rimini e Pisa dove è stata adottata questa formula, gestita da altre società». Insomma, quell’appalto integrato non sarebbe un artificio pretestuoso per cucire addosso alla società dell’imprenditore i bandi di gara sotto la lente della procura partenopea. «Abbiamo dato l’idea della figura professionale e della competenza di Romeo: questo influirà nella valutazione che i giudici devono compiere sia in termini di riesame sia in termini di revoca dell'ordinanza», spiegano gli avvocati. Vagliati anche i rapporti che Romeo intratteneva con assessori e politici coinvolti nell’inchiesta, oltre che con molti altri nomi noti. Anche qui l’imprenditore «ha chiarito che il suo è sempre un ruolo e un rapporto istituzionale che nasce all’interno e a favore delle istituzioni, non contro di esse». Di certo i pm vogliono vederci chiaro su alcune conversazioni in cui l’imprenditore discute con interlocutori politici di progetti anche di livello nazionale. Come nel caso della telefonata del 21 maggio 2007 tra Romeo e l’assessore napoletano Ferdinando Di Mezza, con quest’ultimo che lo informa di un «progetto» del governo che dovrà essere portato in Consiglio dei ministri e che ha lasciato anche «Francesco un poco in contropiede», che però poi ha affidato a Linda Lanzillotta, all’epoca ministro per gli Affari regionali, l’incarico di «seguire un po’ la vicenda». Romeo corregge l'amico assessore: «Il disegno al prossimo Consiglio dei ministri non è quello, è il progetto che porta Di Pietro». E aggiunge: «Su quella roba lì la Lanzillotta deve essere sentita assolutamente».
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