Non c’è pace per Rosa Russo Iervolino. Giovedì, aveva appena dato l’addio alla carica di sindaco di Napoli per le dimissioni di metà più uno degli strastufi (di lei) consiglieri comunali, quando in serata è stata rimessa in sella. Ha fatto tutto il Signor Prefetto per un vizio di forma nelle dimissioni di un consigliere: la lettera era stata depositata
in circoscrizione anziché al Consiglio comunale. L’inezia prolunga
l’agonia dello iervolinismo, dottrina politica caratterizzata dal fare
niente e farlo male. Rosetta sarà costretta a fingersi sindaco fino a
maggio e i napoletani a sopportarla fino ad allora.
Poi, andranno alle
urne e, dopo dieci anni, si libereranno di lei.
Vecchia gloria dc, quattro volte ministro, la
signora Iervolino, vedova Russo, governa Napoli dal maggio 2001. Fu
piazzata lì dal predecessore, Antonio Bassolino, traslocato al
governatorato campano. Di ’O Re, è stata fedele seguace e ne ha emulati
i risultati: fallimentari.
Nei suoi primi anni a Palazzo San Giacomo, la
città fu colpita da un’alluvione, dall’emergenza spazzatura e bocciata
per l’America’s cup di vela. Rosetta si è sempre chiamata fuori dai
ripetuti fiaschi, cantilenando: non tocca a me provvedere, le colpe
sono di Roma, San Gennaro non fa il suo dovere, il mondo è cattivo e io
la migliore sindachessa della Terra. L’altro ieri ha detto, in quello
che pareva il discorso di definitivo commiato: «Sono fiera di essere
perdente. Non ci sto a dare qualcosa in cambio di un voto. La mattina
mi vedo le rughe, ma voglio che il viso sia bianco». Ha concluso
storpiando Don Sturzo: «Me ne vado libera e forte». Sui casini che ha
combinato, neanche un cenno. Chiuso l’inciso.
Nei successivi cinque anni, Rosetta ha avvicendato
in giunta ben 12 assessori, quattro furono arrestati, uno -Giorgio
Nugnes- , entrato nel mirino della procura, si uccise. Arrestati e
suicida furono poi riabilitati da una sentenza di assoluzione. Per
Iervolino fu un momento nero cui si aggiunse lo zenit dell’immondizia
tra gennaio e giugno 2008. L’impopolarità del sindaco era tale che in
gennaio fu impiccato il suo manichino in corso Umberto I. Rosetta,
autodichiaratasi impotente, chiese aiuto al governo amico del premier
Prodi che le inviò una bofonchiata di incoraggiamento via telefono e
trenta forestali via autostrada. L’esiguità dell’impegno antirifiuti
mandò in bestia la sindachessa che disse sprezzante: «Metterò i
forestali nella Villa Comunale a controllare che i cani non facciano
pipì sugli alberi». Fu l’avversario politico e successore a Palazzo
Chigi, Berlusconi, a darle una mano santa: in un mese pulì la città.
Grata, esclamò: «Il premier è simpaticissimo e ha riservato a Napoli
un’attenzione molto superiore del governo Prodi ».
Ma l’indomani
sottoscrisse la petizione anti Cav del Pd. Richiesta di spiegare la
schizofrenia, disse: «Come sindaco collaboro, come politico lo
combatto ». Poi, parendole una risposta intelligente, sorrise contenta
di sé. Può sembrare una capafresca, ma in realtà la
settantaquattrenne ha alle spalle una carriera di tutto rispetto.
D’accordo: è figlia d’arte, il che l’ha avvantaggiata. Ma ci ha messo
del suo. Il babbo, Angelo Raffaele, napoletano, rampollo di vinaio, fu
sottosegretario nel secondo governo Badoglio (1944). Doroteo cioè dc né
bianco né nero, ma grigio- fu in vari governi degli anni ’50-60. La
mamma, Maria de Unterrichter, una trentina di rigidi costumi asburgici,
fu diverse volte sottosegretario. Pii e severi, mandarono Rosetta
dalle suore e le imposero le trecce fino a vent’anni.
«Allora mi
sentivo bruttina. Oggi so di non essere sgradevole », disse poi Rosa
di sé. In effetti, fu notata dal futuro marito, Vincenzo Russo, noto
medico di Vasto, che sorvolò sulla minuscola imperfezione vocale
della fanciulla. Iervolino ha infatti una voce stridula, come certi
uccelli di palude, dovuta a un lieve difetto del velopendulo che, come
dice il nome, è una codina carnea sub palatale. Meno indulgente del
coniuge è stato invece il Cav che dopo averla sentita parlare, scappò
dicendo: «Anche l’orecchio vuole la sua parte».
Il matrimonio riuscì nonostante la scoraggiante
visione che Rosetta ha dell’imeneo. Della coppia nell’amplesso ha
infatti detto: «Sono collaboratori di Dio nel trasmettere la vita».
Com’è, come non è, ebbero però tre figlioli. Rosa è ormai vedova da un
quarto di secolo e con questo stato civile ha percorso il grosso della
sua carriera. Il lascito più importante del marito sono stati Vasto,
divenuto suo collegio elettorale, e il fedele elettorato degli ex
pazienti. È stata parlamentare per sei legislature, dal ’79 al 2001. Al
tramonto della prima Repubblica, fu presidente della Dc, con
Martinazzoli segretario. Grazie al tocco congiunto, il partito passò in
pochi mesi dal 30 a 10 per cento.
Seguendo le orme di papà e mamma, che ne erano
stati sottosegretari, Rosetta divenne ministro dell’Istruzione
(1992-94) e si batté per introdurre l’educazione sessuale. Che lo
facesse una baciapile stupì. «Le è mancata?», le fu chiesto da un
malizioso intervistatore. «Senza dubbio. Pensi che a me avevano detto
che mi chiamavo Rosa perché ero stata trovata ai piedi di un roseto».
«Sarebbe stato imbarazzante spiegarle la verità », osservò il
giornalista. «Macché, il concepimento è un meccanismo splendido». Un
meccanismo! Il massimo del sexy. Poi, espose la sua sulla masturbazione:
«La sessualità è il rapporto con l’altro, quindi la masturbazione non
è sessualità piena. Mi fermerei qui, lanciando solo un messaggio di
valori». Ma dopo tante chiacchiere, non ne fece niente e bloccò pure
una campagna anti Aids perché, essendo incentrata sull’uso del
profilattico, temeva di irritare il clero contrario al caucciù.
Con D’Alema,nel 1998,Rosetta fu la prima donna
ministro dell’Interno. Appena si vide circondata da agenti imberbi,
ragazzi di leva, caramba di primo pelo, si intenerì esclamando:
«Tratterò con affetto questi ragazzi».
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