Ifil-Exor, Grande Stevens e Gabetti si difendono

Gianluigi Gabetti ha provato «sofferenza», Franzo Grande Stevens si è sentito «mortificato». Così si descrivono al processo per l’equity swap di Ifil-Exor - l’operazione finanziaria che nel 2005 permise alla finanziaria della famiglia Agnelli di conservare il controllo della Fiat - i due protagonisti, che ora, insieme al manager Virgilio Marrone, devono rispondere di aggiotaggio. Sui tre pesa infatti una richiesta di condanna formulata dal pm Giancarlo Avenati Bassi (due anni e mezzo per Grande Stevens, due anni per Gabetti, diciotto mesi per Marrone). Ieri il giudice Giuseppe Casalbore ha ascoltato le ultime arringhe degli avvocati difensori.
Il punto chiave è il comunicato che, su richiesta della Consob, fu diffuso il 24 agosto 2005: vi si diceva che, pur essendo alla vigilia del convertendo con le banche, Torino non aveva nè in programma nè allo studio iniziative sul titolo Fiat. Un comunicato falso, secondo l’accusa, in grado di turbare il regolare andamento dei mercati. Ma non secondo la difesa: «I periti del tribunale - ha ribadito l’avvocato Franco Coppi - hanno descritto quel comunicato come “potenzialmente” e “moderatamente” rialzista. L’effetto non c’è stato. E se ci fosse stato, sarebbe stato modesto, irrilevante, neutro». Per Gabetti quello era l’unico comunicato possibile in quel momento: «Vi assicuro - ha affermato durante la sua dichiarazione conclusiva - di non essere mai stato sfiorato dall’intenzione, e neppure dalla percezione, di influenzare l’andamento del mercato».

«Sulla composizione del documento - ha spiegato Grande Stevens - io ho dato un parere, che è quello giusto e che sarei pronto a ridare», tanto più che a suo avviso la Consob era già abbastanza informata, visto che lui stesso l’aveva interpellata in proposito pochi giorni prima.

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