Ignoriamo quel vandalo Chi sfregia l’arte va punito ma soltanto con l’oblio

La poli­zia ha arrestato il vandalo che ha sfregiato la fontana di piazza Na­vona a Roma. La mi­glior punizione è ignorarlo e di­menticare il suo gesto

Ignoriamo quel vandalo 
Chi sfregia l’arte va punito 
ma soltanto con l’oblio

Danneggiare il patrimonio artistico è un reato che, in quanto tale, va punito: non c’è niente da discutere. La questione interessante è la figura di chi commette quel tipo di reato. Se possiede un minimo di consapevolezza e non è un totale folle irresponsabile, il vandalo è uno che cerca notorietà attraverso la grandezza e l’incommensurabile valore dell’opera che danneggia o distrugge.
Le cronache abbondano di reati contro il patrimonio artistico, commessi da persone squilibrate che prima o poi ammettono di aver voluto catturare col loro gesto l’attenzione dell’opinione pubblica.

Ecco l’artista frustrato, l’inquilino sfrattato di casa, il marito abbandonato … spesso non trovano di meglio per farsi ascoltare che accanirsi contro le opere d’arte. Oppure ci può essere chi, pervaso da crudeltà luciferina, vuole il male degli altri aggredendo la bellezza ammirata dalla civiltà: odia il mondo, odia la bellezza del mondo. Che pena deve scontare chi commette questo tipo di reato? Il codice parla chiaro, è clemente, prevede un massimo di tre anni di reclusione. Pensare di inasprire la condanna per aumentare il deterrente contro gli atti vandalici, mi sembra inutile. La cosa migliore è riflettere sulle caratteristiche del vandalo e sullo scopo del suo gesto. È facile dedurre che persone e gesto vogliono rompere il silenzio, intendono portare l’attenzione su qualche problema individuale attraverso l’attacco a un patrimonio universale. La punizione del reato deve essere, perciò, il silenzio, perché quanto maggiore è il clamore suscitato dall’atto vandalico, tanto maggiore è il compiacimento di chi lo compie.

Insomma, si danneggia la fontana di piazza Navona o perché si vuole far parlare di sé o perché si odia il valore universale della bellezza. Nel primo caso, passando sotto silenzio l’accaduto, si evita anche di creare emuli del vandalo. Nel secondo caso, bisogna essere consapevoli che le difese del patrimonio artistico sono fragili. Non dare notizia di un reato contro di esso resta una buona regola, tuttavia un’attività di prevenzione attraverso apparati tecnologici di controllo è fondamentale di fronte all’estensione del nostro patrimonio artistico.

Trovo invece inutili le lamentele sull’ignoranza collettiva che non rispetta le opere d’arte. Non è l’ignoranza, l’insensibilità verso la bellezza all’origine del vandalismo. Si prenda in considerazione un comportamento perfino più colpevole del gesto di chi ha danneggiato la fontana di piazza Navona: l’indifferenza della gente che assisteva impassibile all’aggressione contro la statua. Quegli indifferenti sono tutti ignoranti in fatto di educazione estetica? O piuttosto quell’indifferenza ha la stessa matrice che si potrebbe individuare nei confronti dell’aggressione a una qualsiasi persona?

È inutile puntare il dito contro la scarsa sensibilità della gente verso la bellezza: è una malinconica realtà che però non provoca vandalismi. Quell’indifferenza è figlia legittima del nostro nichilismo, ma questa è un’altra storia.

Proviamo invece a mettere la sordina su fatti di cronaca che hanno per oggetto il danneggiamento del nostro patrimonio artistico, e proviamo a tutelarlo con tutta la tecnologia che abbiamo a disposizione. Corsi intensivi di storia dell’arte per chi è insensibile alla bellezza o inasprimento della pena per chi commette un reato contro il patrimonio artistico, sono inutili.

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