II centrodestra in 5 anni ha subito scioperi per 64 milioni di ore

Nel 2002 le proteste hanno raggiunto il livello più alto: erano in discussione le modifiche allo Statuto dei lavoratori

da Roma

Hanno superato quota 64 milioni le ore di sciopero per conflitti sindacali e manifestazioni politiche, durante il quinquennio del governo Berlusconi. A consuntivo, le ore di lavoro perdute saranno anche di più, visto che l’ultima rilevazione dell’Istat si ferma al periodo gennaio-settembre 2005, e in autunno c’è stata una recrudescenza di agitazioni sindacali, legate in particolare al contratto dei metalmeccanici. Oltre allo sciopero generale contro la legge finanziaria, inequivocabilmente di natura politica, che ha avuto luogo il 25 novembre.
Il 2005 ha segnato dunque una ripresa delle agitazioni sindacali, che nell’anno precedente erano rientrate a un livello di normalità. Le ore di lavoro perse per conflitti sindacali nel 2004 (4,8 milioni) erano infatti paragonabili ai livelli raggiunti negli ultimi anni di governo del centrosinistra: nel 1998 avevano di poco superato i 4 milioni, mentre nel 1999 e nel 2000 si erano attestate fra i 6,1 e i 6,3 milioni di ore. Già nel 2001, infatti, si era notato un aggravamento della situazione, con un milione di ore perdute in più (e con soli sette mesi di centrodestra al governo).
Ma l’esplosione della conflittualità politico-sindacale è avvenuta nel 2002, cioè nell’anno in cui il governo ha posto il problema delle modifiche allo Statuto dei lavoratori, e in particolare la revisione dell’articolo 18 dello Statuto, che regola i licenziamenti. In dodici mesi, le ore di lavoro perdute sono balzate oltre i 34 milioni, cinque volte oltre l’anno precedente. Nei cinque anni dal ’98 al 2002, rilevava l’Istat, l’impennata è stata del 740%. Sempre nel 2002, l’Istituto di statistica calcolava che l’82% delle ore di lavoro perse (pari a 27,9 milioni su un totale di 34,026 milioni) era dovuto a vertenze «non originate dal rapporto di lavoro». Al contrario, escludendo gli scioperi di natura politica, le ore di lavoro perse per motivi esclusivamente contrattuali sarebbero addirittura diminuite di oltre il 13% rispetto al 2001. Sempre l’Istat ricordava che la bassa crescita economica registrata a fine 2002 e all’inizio del 2003 era dovuta in parte alla forte perdita di ore lavorate.
L’alta conflittualità politico-sindacale è proseguita nel 2003, anche se a livelli meno allarmanti. Le ore di lavoro perse sono state infatti, quell’anno, pari a 13,1 milioni. Ma la motivazione «politica» ha continuato a prevalere. Secondo l’Istat, il 56,3% delle ore non lavorate è stato originato da vertenze non legate ai contratti. Per i soli rinnovi contrattuali, le ore non lavorate sono state pari a 3,2 milioni, mentre per rivendicazioni economico-normative ci sono stati scioperi per un totale di 1,4 milioni di ore.

Il 2004 ha segnato, come abbiamo visto, un brusco calo dei conflitti (anche per il fatto che il governo ha quasi rinunciato alla modifica del regime dei licenziamenti). Ma nel 2005, in vista del voto, gli scioperi sono ricominciati: nei primi nove mesi l’aumento delle ore perse è stato del 50%.

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