Illy: «Gli elettori del Nord-est? Li abbiamo persi per sempre»

da Milano

«È già molto se il malcontento del Nord non è sfociato in rivolta». Presidente Illy, è diventato secessionista?
«Guardi, non faccio proposte secessioniste, però osservo la situazione nel Nord-Est».
Appunto, da quelle parti molti farebbero volentieri a meno di Roma.
«Sento tanti imprenditori del Nord-Est, piccoli, medi e grandi, e tutti sono ben consapevoli delle migliori condizioni, innanzitutto fiscali, che esistono nei Paesi che ci circondano, che fanno promozione per attrarre le imprese italiane nei loro territori. E ci riescono sempre di più. Il pericolo è questo: la “secessione” delle nostre migliori energie verso l’estero».
Ma di chi è la colpa se il Nord non si sente rappresentato?
«Tutti hanno sbagliato con il Nord. Perché Roma è lontana dall’Austria, dalla Francia, dalla Slovenia, ma qui noi ci siamo attaccati. E le risposte non arrivano. In cinque anni il centrodestra non ha attuato veramente il federalismo, mentre l’Unione ha fatto l’errore clamoroso di alzare le tasse. È stato il punto di rottura definitivo con il Nord, qualcosa che forse neppure si aspettavano».
Definitivo, addirittura?
«Non credo che il Nord se ne dimenticherà così presto. E il Pd ne pagherà le conseguenze. Perfino gli elettori di centrosinistra erano veramente arrabbiati quando hanno aumentato le tasse».
Veltroni però dice che «è caduto un muro» nel Nord-Est.
«Io non arriverei a dire che è caduto un muro, anche se c’è stata senza dubbio un’inversione di tendenza. Veltroni ha saputo coinvolgere molti cittadini del Nord che dalla politica stavano lontani».
Candidare Calearo e Colaninno servirà a qualcosa?
«A livello nazionale è stata una mossa giusta, perché dà un segnale sulla capacità di coinvolgere gli imprenditori. Ma credo che sul territorio sollevino qualche perplessità. Sì, diciamo che ho sentito molta perplessità dagli imprenditori con cui ho parlato...».
Lei si ricandida alla guida del Friuli-Venezia Giulia ma è pessimista sul Pd nel Nord-Est.
«Mi pare evidente che un distacco dal Pdl ci sia ancora e sia significativo, soprattutto nel Nord. Però il voto non è domani mattina per cui può ancora cambiare qualcosa».
Veltroni vuole un ministro del Nord-Est. Lei lo farebbe?
«Non assumerei un ruolo di governo con questa legge elettorale che porterà a un governicchio, chiunque vinca. Poi, non credo che mi chiameranno (ride, ndr), ci sono sempre tante persone dei partiti da sistemare. E siccome io sono un indipendente...».
Perché non è entrato nel Pd?
«Lo trovo un passo avanti, ma non mi sento un uomo di partito, resto un imprenditore prestato alla politica».
Ha detto che il Pd è una «scorciatoia». Cioè?
«Non mi ha convinto il metodo seguito. Bisognava prima cercare un accordo sul programma con la sinistra, e solo di fronte a questa impossibilità decidere di correre da soli».
Ma perché il centrosinistra non capisce il malessere del Nord?
«La colpa è anche nostra. Qui ci si impegna nelle imprese, ma non si ritiene utile impegnarsi nella guida del Paese. Dobbiamo chiederci cosa abbiamo fatto per far arrivare le nostre istanze a Roma. La risposa è: poco».
Nemmeno la Lega?
«Per certi aspetti ci è riuscita. Se si è in parte applicato il federalismo è soprattutto grazie alla Lega».
La sua ricetta per recuperare il Nord.
«Cinque punti.

Meno tasse sulle imprese; ridurre le aliquote previdenziali; infrastrutture; liberalizzazioni dei servizi di pubblica utilità; semplificazione della burocrazia. Abbiamo 40mila leggi, in Francia e Germania ne hanno da 5 a 7mila. La burocrazia frena lo sviluppo».
C’è nel programma del Pd?
«Questo non l’ho trovato da nessuna parte».

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