Igor Principe
Le accomuna solo il Vietnam. Per il resto, sono due foto divise da distanze siderali per tempo e sentimento. La prima è di dominio pubblico: l'ha scattata Nick Ut ad una bambina, Kim Phuc, in fuga dalle bombe al napalm. Quel grido di dolore, immortalato a futura memoria, è valso al reporter il Pulitzer edizione 1972.
L'altra è sconosciuta. Ritrae un bimbo, vestito solo con una maglietta, che porta alla bocca l'ultimo boccone di riso. È stata scattata pochi mesi fa da un trentenne friulano che di professione fa l'avvocato a Milano. Quando prende respiro da codici e atti giudiziari, imbraccia la sua Nikon e va in giro per il mondo a catturare immagini. Che poi diventano mostre come quella allo spazio Guicciardini, promossa dalla Provincia. Lui si chiama Roberto Ferrario, e «Vietnam 30 anni» dopo è il suo racconto di quel Paese a tre decenni dalla fine di una guerra che, riunificando Nord e Sud, segnò il futuro della politica internazionale Usa e, al contempo, l'animo di una generazione.
La foto di Nick Ut non compare nella mostra. Ma vien fatto di pensarci, sfogliando il bel catalogo che la documenta. Dalle 42 immagini piovono molti sorrisi, e da esse si sprigiona un'aura di pace mischiata ad un'umidità così presente che pare attaccarsi anche ai vestiti di chi le guarda dall'autunno padano. «L'acqua in Vietnam è tutto - scrive l'autore - E' ovunque, è lo specchio dell'anima docile e mite di un popolo, è il simbolo del suo nutrimento (il riso) e della sua salvezza: è la magia della vita».
Ferrario dice anche che questa mostra è nata per ricambiare i vietnamiti dei tanti sorrisi di cui s'è detto.
In programma fino al 18 novembre, la mostra è organizzata in favore di «Care the People» (www.carethepeople.org) e del «Progetto Ospedale Amico», cui saranno donati i ricavi della vendita delle foto e del catalogo.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.