Immigrati cacciati dal centro sociale

Marcello Viaggio

Minacce, percosse, porta sfondata. E tutto giù dalla finestra. Questi gli argomenti con cui personaggi legati all’ala dura della sinistra antagonista hanno risolto il problema di vicinato con una famiglia di immigrati. Altro che solidarietà. Ciò che conta per i nipotini di Che Guevara è la legge della jungla e la più totale impunità. A denunciare la vicenda è Alleanza nazionale. I fatti risalgono a mercoledì scorso. Vittima una famiglia di immigrati, di colore. Lui si chiama Nweke Godwin, nigeriano, lavora come progettista di impianti elettrici. Un lavoro sofisticato, al computer, con disegni e foto digitali. Vive a Roma da 6 anni. La moglie si chiama Habiba. Con i bambini di 1 e 4 anni, Jaqueline e Chelsea, abitano in via Selinunte, nel X Municipio. Il loro numero figura regolarmente sull’elenco telefonico. Nello stesso stabile, però, si trova anche il centro sociale «Spartaco». E qui cominciano i guai. A spiegare la situazione è il consigliere comunale di An, Luca Malcotti: «Mercoledì, dopo anni di continue minacce e soprusi, mentre il capofamiglia era dai carabinieri a denunciare l’ennesimo insulto, qualcuno lo avvertiva che gli avevano sfondato la porta di casa, che la famiglia era stata buttata fuori e le sue cose scaraventate per strada». Letto, televisore, armadio, tutto. I «no global» non avevano fatto complimenti. Al pronto soccorso alla bimba più piccola veniva diagnosticato un trauma cranico, alla moglie un trauma contusivo al torace e al polso destro. Anche la polizia accorreva sul luogo. «Ma l’assembramento di persone dal centro sociale era tale - continua Malcotti - che la polizia rinunciava a far rientrare in casa la famiglia nigeriana». I due esponenti di An hanno allora chiamato la segreteria del sindaco e il delegato all’emergenza abitativa, Galloro, senza ricevere risposta. L’unico che è intervenuto è stato il presidente del X Municipio, Medici, che ha sistemato la famiglia Nweke in un residence a Cinecittà. In 4 in una stanza. Niente di più. La famiglia nigeriana era arrivata nello stabile, di proprietà dell’Ater, nel giugno ’99. Le due camere, cucina e bagno dove vive sono le uniche non occupate dal centro sociale. Una convivenza subito difficile con chi frequentava il centro. «Per anni ho ricevuto insulti e minacce» accusa Godwin. L’uomo ha provato anche a rivolgersi al sindaco, per esporgli i suoi guai: «Ma Veltroni non è affatto sensibile ai problemi di noi africani. Lo ha dimostrato tutte le volte che ho provato ad avvicinarlo per raccontargli la mia vicenda. Ogni volta sono stato allontanato con la forza dalle guardie del corpo. Altro che concerti per l’Africa!».


I militanti del centro sociale hanno definito «ridicole» le accuse di An, dapprima sostenendo che il nigeriano sarebbe stato arrestato, in passato, per droga, poi accusando lo stesso immigrato di aver picchiato alcuni giovani del centro sociale.

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