Immigrazione, la riforma Prodi è la moltiplicazione di poltrone

Competenze divise in cinque dicasteri anziché due. Storace: «Grossa sciocchezza blindata con la fiducia»

Alessio Garofoli

da Roma

Il nuovo boom dei «viaggi della speranza» verso le coste italiane è soprattutto colpa degli annunci del ministro della Solidarietà sociale, Paolo Ferrero. E del fatto che attualmente, a causa dello spacchettamento deciso dalla maggioranza all’inizio della legislatura, a doversi occupare di immigrazione siano ben cinque ministeri. Lo aveva detto ieri al Giornale l’ex ministro del Welfare Roberto Maroni. Sullo sfondo del caos che regna nel governo Prodi, incapace di fermare le tragedie che tornano a funestare il canale di Sicilia, con il ministro dei Trasporti Alessandro Bianchi che vola a Lampedusa chiedendo dieci milioni di euro per affrontare la tragedia, a rincarare la dose è Francesco Giro.
«Il ministro dei Trasporti Bianchi è liberissimo di recarsi fra gli immigrati clandestini sbarcati a Lampedusa perchè così rivela una sensibilità politica che altri suoi colleghi non hanno dimostrato. Però vorremmo sapere - chiede il deputato di Forza Italia - quale sia la reale distribuzione degli incarichi all'interno del governo Prodi perchè sempre più spesso assistiamo a uno scambio e ad un valzer dei ruoli, con il ministro delle Infrastrutture Di Pietro che gioca a fare il ministro della Giustizia; il ministro della Solidarietà sociale Ferrero che pretende di fare un giorno il ministro del Lavoro e quello seguente il ministro della Salute».
È il vecchio adagio secondo cui, quando sono troppi i galli a cantare, non si fa mai giorno. «Questo clima - aggiunge Giro - produce caos e confusione e dimostra ancora una volta che la coalizione è divisa e che i singoli ministri si comportano come portavoce dei loro partiti di appartenenza e non come rappresentanti di un governo, che è litigioso e incapace di esprimere una linea unitaria».
Francesco Storace è quasi divertito dagli eventi delle ultime ore. Perchè lui è stato uno dei più energici nell’avvertire il governo che lo spacchettamento dei ministeri sarebbe stata «una grossissima sciocchezza» che avrebbe finito per comprometterne il funzionamento e la credibilità. Ricorda, il deputato di An, che la Casa delle libertà diede battaglia, in aula e in commissione, contro il decreto legge 181 del 18 maggio con cui Prodi soddisfò gli appetiti della sua composita maggioranza.
Uno sforzo inutile, perchè proprio allora il Professore inaugurò il ricorso alla fiducia. «E per fortuna che almeno i sottosegretari stanno zitti», continua ironico l’ex ministro della Salute, che di Ferrero dice: «In assoluto, sarebbe meglio non si occupasse di nulla, visto che è tra i ministri più demagogici. Per lo meno non si occupi di immigrazione, perchè le sue sparate arrivano sulle televisioni di Libia e Tunisia, attirando torme di disperati».
Sull’emergenza sbarchi, Storace conclude con un’alzata di spalle: «Il governo si è dimostrato sommamente arrogante. Adesso se la veda da solo». Sulla stessa linea Carlo Giovanardi (Udc), per il quale «la suddivisione delle competenze tra i ministri derivante dallo spacchettamento non è stata certo decisa in funzione dell’efficacia, ma solo per dare una poltrona a tutti i partiti del centrosinistra».
L’ex ministro per i Rapporti con il Parlamento sottolinea come la stessa burocrazia ministeriale avesse paventato il rischio che si paralizzasse per mesi l’azione di governo: «C’è stato anche un problema legato allo spostamento del personale, parliamo di interi uffici. Basti pensare - dice Giovanardi - al Dipartimento per la lotta alle tossicodipendenze, che non lavora più presso la presidenza del Consiglio, visto che ora di droga si occupano sia Ferrero che Livia Turco, ed è in attesa di fare qualcos’altro».
«O anche all’area familiare - continua Giovanardi - che è attualmente appannaggio di quattro ministri: Turco, Bindi, Ferrero e Pollastrini».

Stando così le cose, è inevitabile, a giudizio di Giovanardi, che si producano danni enormi in un campo delicato quale quello dell’immigrazione: «Il povero, diciamo così, Amato, deve tentare di arginare la musica dodecafonica che si suona nel governo».

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