Gli allarmisti che vedono i rubinetti del petrolio quasi a secco, si tranquillizzino: di oro nero ce nè ancora in abbondanza. Stando alle stime, sotto terra riposano 6mila miliardi di barili, più che sufficienti per soddisfare i consumi mondiali dei prossimi 70 anni. Lera dei combustibili fossili, insomma, non finirà tanto presto. È vero, però, che motivi economici e ambientali rendono già oggi prioritario il raggiungimento di un nuovo mix energetico, con le fonti alternative in primissimo piano.
A cominciare dal sole, che irradia sulla Terra 96mila teraWatt lora, come dire 3mila volte il consumo dellintero genere umano. Tuttavia, solo una parte marginale dellelettricità viene prodotta da fonte solare: nel 2005, appena lo 0,04%. E questo nonostante nellultimo decennio il settore sia cresciuto: soprattutto il fotovoltaico, la tecnologia che trasforma direttamente la radiazione solare in energia elettrica, che è arrivato a una capacità installata mondiale di quasi 5 GW, concentrata più che altro in Giappone, Germania e Stati Uniti. Anche il mercato del solare termico, che utilizza lenergia del sole per riscaldare fluidi da utilizzare poi in ambito domestico (solare termico a bassa temperatura) o industriale (solare termico ad alta temperatura, o a concentrazione), ha conosciuto uno sviluppo importante, grazie a realtà guida come Cina e Stati Uniti.
Ma che cosa impedisce, allora, allenergia solare di «sfondare» definitivamente? Prima di tutto, i costi di produzione, che nel caso del fotovoltaico sono 4-10 volte maggiori rispetto ai combustibili fossili, mentre per il solare termico si aggirano sulle 3-5 volte in più. A rimuovere questo ostacolo è chiamata oggi la ricerca scientifica, con il contributo dei grandi player del settore. Eni, per esempio, nellambito del Piano strategico 2007-2010 ha puntato espressamente su solare e biocarburanti. Per quanto riguarda il solare, la ricerca è rivolta allo sviluppo di semiconduttori organici e nanotecnologie, applicabili in sistemi fotovoltaici basati su tecnologie non tradizionali e nella produzione diretta didrogeno dallacqua; il secondo, invece, guarda al solare termico per la generazione denergia elettrica su scala industriale.
Altro fronte «caldo» per Eni è quello dei biocarburanti. Ricavati da materie prime vegetali (canna da zucchero, mais, o colza, soia, palma ...), bioetanolo e biodiesel rappresentano in prospettiva unalternativa interessante ai combustibili fossili. Anche qui, però, i problemi non mancano. A cominciare dagli spazi: è stato calcolato, per esempio, che se tutto il terreno coltivabile dItalia fosse seminato a colza, si potrebbe arrivare a sostituire solo il 15% dei consumi di derivati del petrolio. E poi, ancora una volta, i costi: produrre un litro di biotenaolo con lo stesso potere calorifico della benzina costa il 50% in più negli Stati Uniti e il doppio in Europa. Anche nel campo dei biocarburanti, la strategia di Eni è duplice: da un lato, individuare Paesi in cui la società è già impegnata nel core business di petrolio e gas, per dare vita a iniziative su colture tradizionali, ecocompatibili e di alta resa; dallaltro, guardare alla ricerca di frontiera, selezionando piante a crescita rapida ed elevata produttività, a esclusivo impiego energetico.
Eni, inoltre, è impegnata nello studio dei processi BtL (Biomass-to-Liquids), che si basano sulla gassificazione della biomassa e la successiva produzione di biocarburanti di sintesi.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.