Impregilo: «Adesso siamo più sollevati»

«È stato riconosciuto che non c’era attività criminale, casomai errori. Ci aspettiamo a breve lo sblocco dei conti correnti»

da Milano

La Cassazione a sezioni unite ha annullato ieri i sequestri preventivi nei confronti del gruppo Impregilo nell’ambito dell’inchiesta sui rifiuti in Campania, rinviando gli atti al tribunale del riesame di Napoli. Per la Cassazione l’entità dei sequestri - 750 milioni, determinata nove mesi fa dal Gip di Napoli - dovrà essere rivista al ribasso. Il titolo del gruppo ieri ha reagito in maniera netta, con un’impennata del 19%. Chiediamo ad Alberto Rubegni, amministratore delegato di Impregilo: che significato ha per il gruppo questa decisione?
«Dal tribunale del riesame ci aspettiamo ora una drastica riduzione di questa cifra. Eravamo accusati di truffa, e sinceramente non avevamo nemmeno capito bene in che cosa consistesse: e ieri il sostituto procuratore generale della Cassazione, come hanno riferito le agenzie di stampa, ha dichiarato che non ci si trova di fonte a un’impresa criminale, ma che ci possono essere stati degli sbagli. È già un sollievo».
La vicenda sembra avviata a soluzione?
«Si tratta innanzitutto di ottenere la possibilità di operare sui conti correnti, e poi la riduzione delle somme e dei beni finora sequestrati. Poi si dovrà capire dove stanno gli inadempimenti. Se il problema sono le ecoballe con umidità superiore ai termini di legge, va ricordato che dovevano attendere di essere incenerite per un massimo di 2 anni, non 10 com’è avvenuto».
Perché un ritardo da 2 a 10 anni?
«Perché il termovalirizzatore di Acerra, che contrattualmente doveva essere autorizzato in sei mesi, ha ricevuto l’ok in 4 anni; abbiamo cominciato i lavori nel 2004 scortati dai poliziotti e il cantiere è stato interrotto per sei volte. Per Santa Maria La Fossa il sì è arrivato dopo 7 anni... ».
Infatti il contratto è stato risolto.
«Nel 2005, per i problemi anzidetti. Ma abbiamo dovuto rimanere, fino a oggi, a disposizione del commissario per garantire l’emergenza».
C’è da immaginare che non desideriate rimanere oltre in Campania.
«Ce ne saremmo già andati».
Quanto vi è costata questa vicenda?
«Nel bilancio 2007 abbiamo contabilizzato accantonamenti e perdite per 90 milioni, l’anno precedente per 109, a cui vanno aggiunte le ingenti perdite degli esercizi precedenti. Senza contare il danno all’immagine. Additati come truffatori, considerati corresponsabili della situazione rifiuti in Campania; fatti che hanno girato il mondo, e noi lavoriamo in tutti i continenti, sa che figura con i nostri committenti... ».
Ma farete ancora dei termovalorizzatori?
«L’impianto di Acerra è stato giudicato all’avanguardia da esperti indipendenti. La nostra Fisia Babcock, che l’ha costruito, ne ha realizzati 500 nel mondo. Le norme sullo smaltimento sono europee, se i nostri impianti non inquinano in Germania, non inquinano nemmeno a Napoli. Nemmeno un’umidità superiore delle ecoballe è considerata inquinante. Ci sono stati difetti di comunicazione ed errori nel coinvolgimento del territorio. Ma chiedo che cos’è meglio: portare i rifiuti in discarica, o a caro prezzo in Germania, o bruciarli creando energia?».
Passato l’incubo campano vi darete un nuovo piano industriale triennale?
«Sì.

Intendiamo concentrarci sui nostri veri business, costruzioni, grandi opere, impianti e concessioni. Negli ultimi giorni abbiamo acquisito commesse in Libia e Stati Uniti e puntiamo su nuovi contratti negli Emirati Arabi, in Arabia Saudita e Sud Africa. Cresceremo anche con acquisizioni di imprese locali»

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