Riccardo Signori
Lultimo figlio del vento viene dalla Giamaica, ha nel sangue la musica e la velocità. Laggiù sono in due milioni e tutti, uomini e donne, corrono per sentirsi sprinter. Gli basta esserlo in pista, più che nella vita. Asafa Powell è uno di loro. Ma da ieri è entrato nel libro degli immortali: recordman del mondo dei 100 metri, il regno dei siluri umani, il bosco delle meraviglie dellatletica. Ha corso in 977, un centesimo in meno di Tim Montgomery, un usurpatore della specie, due centesimi meno di Maurice Greene, lultima vera palla di cannone dello sprint. Powell ha pescato il record sulla pista delle magie di Atene, fatta per i primati, fu la terra di conquista per Greene, lo è stata ieri sera per questo giamaicano nato a Linstead l11 novembre 1982, un fisico da culturista, amore ricambiato per Roma, la città dove ha passato i lunghi periodi dallenamento (correrà l8 luglio nel Golden gala) e dove ha fatto del calcio una passione. Gli piace Totti, ha studiato Greene e Lewis. Gli intrugli dello sport.
Negli ultimi giorni, Asafa aveva spiegato a tutti che il record dei 100 era nelle sue gambe, sotto i suoi piedi, dentro la testa. Powell, salvo prova contraria, non va a doping ma a pollo fritto. La sua passione sono le vetrine di rosticceria. Non ama lallenamento, odia la fatica, ma va veloce come un siluro. Laveva già fatto intendere lanno passato. Però ad Atene, stessa pista ma Giochi olimpici, altra atmosfera, si è fatto prendere dallemozione, dalla tensione e dalla fatica dei troppi turni ed è affondato finendo nelle retrovie: quinto in 994. Questanno tutta unaltra storia. Ha realizzato temponi sotto i dieci secondi: un mese fa 984 sulla pista di Kingston. Giovedì scorso ad Ostrava, sotto lacqua:985. Pronto per il record. E così è stato. Powell è partito tenendo testa bassa, per poi diventare ciclone dai 50 metri in poi. Un po Greene in quella partenza, tanto Powell nello sprigionare la forza della natura. «Appartiene a quella categoria di mandingo naturali che hanno fatto la storia dello sprint. Mi riferisco a tipi come Bob Hayes, Hasley Crawford», ha raccontato qualche tempo fa Carlo Vittori, il guru dei tecnici italiani. E Powell ha messo ancora una volta meno di dieci secondi per soddisfare la sua profezia. Ieri si è lasciato alla spalle il ghanese Azz Zakari (999), il giamaicano Frater, eppoi Obikwelu, Jarrett e altre comparse. Il cronometro, per il vero, aveva segnato 978 (vento di un metro e 60), mondiale di Montgomery eguagliato. Ma ad Atene sono gente di mondo, oppure i crono non erano regolati alla perfezione e il tempo è stato subito abbassato di un centesimo: record doveva essere e record è stato.
Ed ora Powell diventerà lultimo spot dellatletica che piace. Carl Lewis non ha ancora trovato un erede. Per ora il giamaicano si avvicina a Lewis e Greene nella frequenza dei passi che laiutano a divorare la pista: bello esteticamente, caviglie che mostrano ad ogni istante la loro esplosività. Non gli piace la fatica, per questo ama la velocità. Ma anche la velocità è fatica. Asafa è timido, ma ora più sicuro. Vive della tranquillità caratteriale che talvolta è la forza, talaltra la debolezza della sua gente. Ad Atene ha preso una sberla che gli ha fatto tradurre tutto in insegnamento. Il record forse è la prima dimostrazione. «Il resto lo vedrete nel corso della stagione. Abbiate fiducia ed attendete fino al termine», ha raccontato ieri, incredulo e felice. «È meraviglioso che, dopo Greene, io sia riuscito a stabilire un record del mondo in questo stadio e su questa pista. Ma lo sapevo, sapevo che potevo farcela. Però stasera ho dimostrato che nessuno sa quanto possa realmente correre veloce un uomo».
Powell è il quarto atleta non statunitense a battere il record dei 100 metri, il decimo sotto i 10 secondi, il primo fu Jim Hines, 37 anni fa. Solo Lewis sè ripetuto una seconda volta.
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