Roma«Convincere due cantine sociali a mettersi insieme è più difficile che fare lunione delle due Germanie». La premessa di Luigi Marino, non è delle più incoraggianti, ma il presidente di Confcooperative insieme a Luigi Poletti di Legacoop e Rosario Altieri di Agci, hanno deciso di buttare il cuore oltre lostacolo e archiviare quasi cento anni di cooperazione separata e targata politicamente. Sono ottimisti: «Ce la faremo». Ieri nella sede di Confcoop di via Torino, lassemblea per posare il primo mattone della casa comune, che ha già un nome, Alleanza delle cooperative italiane, e un logo, tre C concentriche, una verde, una bianca e una rossa. Riunirà 43mila imprese, 12 milioni di soci e più di un milione di occupati. Nel giro di cinque anni diventerà una federazione, quindi, con lo scioglimento delle coop rosse, bianche e laiche, ununica centrale, che probabilmente conserverà questo nome.
«Un fatto storico» e la presa datto di una collaborazione che è sempre più forte, ha sottolineato Poletti. «Vogliamo costruire qualcosa di diverso rispetto a quello che abbiamo ereditato dal secolo scorso», spiega Marino. I tempi sono troppo lunghi? «Sbagliato pensare di farlo in quattro e quattrotto come certi partiti politici». Se si esclude leredità politica, che sentono sempre più come un peso, sono più i punti in comune che i motivi di divisione: una ricetta per fare riprendere leconomia che non si basa sulla spesa pubblica, un sistema di contratti di lavoro che mantenga un livello nazionale per definire la cornice dei diritti e un secondo livello forte. E, più in generale, unidea delleconomia che risponda a regole e metta al centro la persona. «Sono tremontiano», spiega Marino, che è il primo portavoce dellalleanza. Il laico Altieri è rigorista: «Gli interessi sul debito si mangiano cinque punti di Pil». E neppure il leader delle coop rosse Poletti se la sente di attaccare il governo per partito preso e preferisce ricordare che sul piano casa cè stata una collaborazione positiva.
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