«La prima cosa in cui vorrei impegnarmi nel prossimo ciclo amministrativo a Palazzo Tursi? Agevolare linsediamento di nuove imprese a Genova, oltre che offrire le condizioni più idonee per trattenere quelle esistenti»: Matteo Campora, candidato della lista Pdl-Vinai sindaco al consiglio comunale, guarda - «innanzi tutto, ma non solo», specifica subito - alle risorse in grado di creare e sviluppare posti di lavoro. Avvocato, 41 anni, presidente della Società Operaia Cattolica «Santa Margherita» di Marassi (il «suo» quartiere fino a pochi anni fa, ora abita in Albaro), Campora ha bruciato le tappe anche in politica: due incarichi consecutivi in circoscrizione, poi il salto in Sala rossa dove è diventato capogruppo al primo mandato.
Unesperienza impegnativa?
«Impegnativa, ma esaltante. Ho messo a fuoco tutte le specificità del mandato amministrativo, ma ho anche avuto il conforto della piena collaborazione da parte di tutti i miei colleghi di gruppo. Davvero una bella squadra, che si è perfettamente integrata, pur in una situazione, lopposizione alla sinistra, non certo facile».
Ora bisogna passare in maggioranza, al governo della città...
«Lobiettivo è questo, senza ovviamente nasconderci le difficoltà. Ma mi pare che la gente abbia accolto con grande favore la candidatura a sindaco di Pierluigi Vinai e i componenti delle liste che lo sostengono».
Ma cè tanta disaffezione nei confronti della politica.
«Qualcosa di vero cè, inutile nascondercelo. Ma ho potuto constatare direttamente che cè anche grande voglia di cambiamento. Proprio a Genova, dove tanti, troppi anni di governo della sinistra hanno incancrenito i problemi e ridotto la città a un progressivo degrado».
Cambiare significa proporre una netta inversione di tendenza?
«Certamente. I genovesi non possono più sopportare unamministrazione che ha il debito pubblico più alto e, nello stesso tempo, la più alta imposizione fiscale».
Eppure Doria, candidato della sinistra, parla di mettere lImu al massimo.
«Sarebbe il modo giusto per proseguire nel solco del declino inesorabile della città. Noi proponiamo lesatto contrario, la tassazione devessere molto misurata, in particolare nei confronti di determinate categorie di cittadini che sono in difficoltà».
In sintesi, quali sono i punti qualificanti del suo programma?
«Innanzi tutto, aprire Genova allesterno, metterla in relazione con altre città dItalia e dEuropa, inserendola in una rete di relazioni che possono contribuire allo sviluppo. Si può fare anche tramite le nostre imprese che operano con lestero, e che possono agire come tante ambasciate per promuovere il nostro territorio».
Tali contatti avrebbero una forte ricaduta sulla città.
«In questo senso penso anche ai collegamenti aerei che si sono sviluppati, negli ultimi tempi, con alcune importanti città estere. Ebbene: è importante comunicare bene la città presso gli stranieri che vengono a Genova, ma è altrettanto importante promuovere Genova negli ambiti da cui gli stranieri provengono».
Il Comune può fare molto?
«Eccome. Tutto ciò, naturalmente, a patto che la pulizia, la manutenzione delle strade, laccoglienza siano allaltezza».
Dal punto di vista dei conti pubblici, lei, Campora, si è detto favorevole alla dismissione di immobili comunali. Ma il momento non sembra favorevole.
«Nessuna intenzione, da parte mia, di suggerire la svendita di immobili pubblici per fare cassa. Diverso è un discorso di razionalizzazione del settore. Inoltre, punterei sul riordino delle società partecipate, sulla cessione di determinati servizi ai privati, sulla riorganizzazione di attività e strutture, come quelle che fanno riferimento al Porto antico, che sono positive, ma vanno rilanciate.
Un opportuno restyling, insomma?
«Ne guadagnerebbe limmagine, ma soprattutto la sostanza, per una città che deve diventare più accogliente. Per chi ci vive e per chi viene a visitarla».
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