da Milano
«Risulta evidente» che «Aem Energia Spa era perfettamente a conoscenza» della frode e delle «macroscopiche differenze tra il gas fatturato rispetto a quello immesso nelle reti». Un passaggio, tra i molti. La Procura di Milano chiude una prima parte dell’inchiesta sulla presunta frode del gas a danno dei consumatori. Un atto che prelude a una richiesta di rinvio a giudizio. In questo caso, per i vertici dell’Aem. Dieci i manager indagati con l’accusa a vario titolo di associazione per delinquere finalizzata alla truffa. Tra questi, spicca il nome dell’amministratore delegato Giuliano Zuccoli.
L’inchiesta, condotta dal Nucleo di polizia tributaria della Guardia di finanza e coordinata dal pm Sandro Raimondi, avrebbe individuato un sistema che - secondo l’accusa - consentiva di gonfiare i bilanci della società, sfruttando l’obsolescenza di centinaia di migliaia di contatori sparsi per Milano e provincia. Misuratori vecchi anche cinquant’anni, e tarati in modo da registrare un’erogazione superiore in media del 6% rispetto a quella reale, con punte anche fino al 15%. Tradotto, numeri enormi. I consulenti della Procura stimano che la differenza tra i quantitativi liquidati e quelli immessi realmente nella rete tra il 2005 e nel 2006 si aggiri sui 140milioni di metri cubi standard, tra uso domestico e industriale. Il percorso è abbastanza semplice. Aem Energia spa acquista il prodotto dalle cabine «Remi» (Regolamentazione e misura, di Snam retegas) rivendendolo ai clienti finali tramite il servizio della società di distribuzione. Che poi è Aem Gas spa. È questa che porta il gas nelle case dei cittadini, passando per i contatori finiti nell’inchiesta.
E secondo la Procura, il «difetto» dei misuratori era ben presente ai vertici della Spa. «È incontestabile - scrive infatti Raimondi - che lo staff dirigenziale del gruppo Aem era a conoscenza della frode relativa al malfunzionamento dei contatori». Ancora, «è documentalmente provato che la società di vendita del gas naturale Aem energia era in condizione di conoscere in qualunque momento le quantità di prodotto effettivamente vendute, senza attendere il calcolo manuale degli importi delle bollette fatturate, come invece sostenuto dai dipendenti Aem» sentiti come testimoni.
E a dimostrare che la dirigenza di Aem era a conoscenza dei vantaggi che il sistema era in grado di garantire alla società (anche in termini di accise non pagate), ci sono alcune telefonate intercettate dagli inquirenti. In una, in particolare, l’avvocato Alberto Solci (responsabile affari legali della spa, accusato di «avallare le modalità illecite di quantificazione del gas naturale») parla con Paolo Rundeddu, direttore finanza e amministrazione della municipalizzata. Solci spiega che «noi abbiamo 2mila 450 contatori a turbina. Il contatore a turbina quando il gas passa se il bruciatore si ferma il contatore gira ancora per due minuti, cioè noi in definitiva fatturiamo una quantità di gas che non è quello che viene utilizzato ma, noi non siamo nella ragione del 4,5% eh, siamo attorno al 16%. Cioè, su 100mila lire di fatturato, 16mila vengono come... rubacchiate».
E secondo il pm, emergono anche le responsabilità di Zuccoli. In una conversazione con tale Croff, l’amministraore delegato interviene sulla questione dei contatori. «Dobbiamo motivarlo bene», dice l’ad. «Esatto, con le membrane naturali, mi pare di capire». «Mentre prima - prosegue Zuccoli - erano sintetiche». E Croff conclude che «qui bisogna appunto dare la motivazione che... di copertura del passato». «Zuccoli - sottolinea il pm commentando questa telefonata - non solo si impegna nel senso di dare direttive per impostare eventuali cause processuali, ma si adopera altresì, anche oltre quello che è la sua posizione nella società, a coprire il passato, della cui illegalità egli era ben a conoscenza».
Altre telefonate rivelerebbero il grado di implicazione dei vertici di Aem.
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