Inchiesta sull’abuso di potere: la Palin interrogata per tre ore

New York Tre ore davanti a una commissione d’inchiesta per provare la sua innocenza dall’accusa di abuso di potere. Sarah Palin, secondo quanto riferito dal suo legale, ha rilasciato ieri una testimonianza molto dettagliata sulle presunte pressioni per ottenere il licenziamento del capo della polizia dell’Alaska, Walter Monegan. Il motivo delle pressioni sarebbe il fatto che Monegan si era rifiutato di cacciare dalla polizia l’agente Mike Wooten, ex cognato della Palin. Insomma, una disputa tutta familiare. Per questo sembra che sia stato chiamato a deporre insieme a lei anche il marito Todd. La vice di McCain ha fatto sapere attraverso il suo legale di essere «molto felice per aver avuto finalmente la possibilità di dire la piena verità di fronte a un investigatore equo», ha raccontato il suo avvocato. Già una prima inchiesta aveva appurato l’abuso di potere, ma la Palin aveva sostenuto che non vi fosse contro di lei «alcun indizio di attività disoneste».
Secondo alcune indiscrezioni pubblicate dalla stampa Usa, intanto, si farebbero sempre più forti i malumori nel Partito repubblicano di fronte ai sondaggi che restano favorevoli ad Obama nella corsa con McCain. A ribellarsi sarebbe proprio la candidata alla vicepresidenza, Sarah Palin, che sembra non essere intenzionata a vestire i panni del capro espiatorio in caso di sconfitta. Secondo quanto riportato dal sito Politico.com quello del governatore dell’Alaska sarebbe un vero e proprio ammutinamento nei confronti degli uomini scelti dal partito per gestire la sua campagna.

Palin sarebbe cioè stufa dei suggerimenti dello staff repubblicano e starebbe sempre più disertando i consigli degli esperti del partito, responsabili a suo avviso della pessima immagine conquistata nelle ultime settimane. L’immagine di Palin, che aveva inizialmente puntato sulle sue caratteristiche di novità, ha perso negli ultimi tempi qualche colpo, attirando accuse di inesperienza.

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