Roma - La piazza come extrema ratio. Il coordinatore di Forza Italia, Sandro Bondi, non ha escluso l’ipotesi di un bis della manifestazione del 2 dicembre se il centrosinistra andasse avanti nell’approvazione della legge sul conflitto di interessi nella sua formulazione attuale che eliminerebbe per sempre Silvio Berlusconi dalla scena politica. «Vedremo, è ancora presto per dirlo. Discuteremo in Parlamento e ci rivolgeremo agli esponenti più responsabili del centrosinistra che non vogliono farsi complici di una legge ingiusta», ha sottolineato Bondi.
Si tratta di una reazione alle parole dure pronunciate dalla tribuna di Repubblica da Dario Franceschini, primo firmatario della proposta di legge. «Berlusconi perde ogni freno e gioca a fare la vittima. Stavolta la legge la faremo, e bene». Non ha fatto sfoggio del suo solito aplomb il capogruppo dell’Ulivo alla Camera ribadendo che il 14 maggio il testo andrà in Aula. Con le amministrative alle porte e le solite divisioni della maggioranza fare presto è un imperativo vitale. E questo Franceschini lo sa bene: un rapido via libera alla legge consentirebbe di recuperare consensi facendo leva sull’antiberlusconismo che unisce il popolo del centrosinistra.
«Gli elettori non ce l’hanno perdonato», ha detto Franceschini ricordando come D’Alema con la Bicamerale fece naufragare i propositi punitivi del pdl Passigli. Blind trust? «Un principio serio, rigoroso, importato dall’America». Ma è nel merito della «legge contra personam» che Franceschini si è lasciato sfuggire una mezza ammissione. «Non è mirata contro Berlusconi - ha dichiarato - anzi spero che al leader della Cdl non venga mai applicata». Una norma che rende incompatibile cariche di governo e patrimoni superiori ai 15 milioni di euro potrebbe non essere applicata solo se Berlusconi a Palazzo Chigi non tornasse più.
«Che tristezza! Un ex democristiano che parla come i peggiori comunisti, ma non quelli del passato, quelli di oggi. Mi chiedo come sia possibile un tale deterioramento della vita politica italiana», ha commentato Sandro Bondi. Su questo tema, d’altronde, il sostegno di An non manca. «Non è una norma democratica, ed è contro la Costituzione. Lo è ancor di più nel caso di Berlusconi che è stato già premier ed è il leader del maggior partito italiano», ha detto Altero Matteoli, presidente dei senatori del partito di Fini. «Le leggi vendetta non passeranno», gli ha fatto eco Maurizio Gasparri.
In questo caso, però, il centro potrebbe giocare un ruolo determinante. Nell’Unione il numero uno dell’Udeur, Clemente Mastella, ha ribadito che «bisogna agire con equilibrio, con moderazione per non dare l’idea di rendere martire Berlusconi». Lo stesso ragionamento è stato fatto, anche se per motivi diversi, dal segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa. «La polemica sul conflitto d’interessi non fa che rafforzare Berlusconi. Prodi lo fa per reggersi vicendevolmente» con il Cavaliere.
Non meno importanti le questioni tecniche. Il progetto di legge è basato sul concetto di incompatibilità, ma la sinistra radicale spinge per l’ineleggibilità (con grandi patrimoni non si va in Parlamento; ndr). «La legge è troppo blanda», ha ripetuto il verde Angelo Bonelli. «Noi pensiamo che sia giusto continuare sul tema dell’ineleggibilità», ha dichiarato Pino Sgobio (Pdci). Osservazioni che hanno fatto perdere le staffe al diellino Roberto Zaccaria. «La strada scelta è quella dell’incompatibilità e bisogna percorrerla fino in fondo».
Oggi la commissione Affari costituzionali concluderà il suo lavoro votando l’articolo 17 che mette il bavaglio a Mediaset nel caso di «sostegno privilegiato al candidato premier da parte dei media di sua proprietà». La gabbia attorno a Berlusconi è quasi chiusa, per l’Unione si tratta solo di serrare le fila.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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