Incursione israeliana a Gaza Spaccatura ai vertici di Hamas

Scattata la seconda offensiva nei Territori per liberare il caporale Shalit. Contrasti nel partito integralista per la sorte del soldato

Gian Micalessin

La nuova fase dell’assedio a Gaza è scattata. La seconda offensiva per liberare il caporale Gilad Shalit e bloccare i lanci di missili Qassam voluta dal premier Ehud Olmert e dal ministro della Difesa Amir Peretz d’intesa con generali e responsabili dei servizi di sicurezza è partita ieri quando l’esercito è arrivato nel cuore della Striscia, in quelle zone tra Gaza City e Khan Younis risparmiate sinora dai combattimenti. Le truppe e i blindati dello Stato ebraico sono penetrati nel villaggio al confine orientale di Deir el Balah per perquisire alcune case, allargando un'offensiva che le ha gia viste occupare settori del nord e del sud della striscia. E l’offensiva ha fatto subito una vittima, un poliziotto palestinese è stato infatti colpito da diverse pallottole quando i militari israeliani hanno aperto il fuoco nei pressi del villaggio di Abu el Ajin, che in precedenza avevano accerchiato.
L’aviazione israeliana continua intanto le incursioni per bloccare i lanci di missili Qassam. Il primo raid scatta all’alba di ieri quando intorno a Beit Hanun, nel nord di Gaza, viene individuata una postazione di lancio pronta a far fuoco. Due militanti restano feriti, ma una macchina riesce ad allontanarsi. Poche ore dopo la stessa automobile viene individuata in un’altra zona. Questa volta il missile non sbaglia e tra i rottami resta il cadavere dilaniato di un ufficiale della sicurezza palestinese. Il capo delle Brigate Martiri di Al Aqsa nella zona, Abu Ghazal, riesce invece a saltare giù dal veicolo e viene raccolto in gravi condizioni.
Dentro Hamas prosegue intanto la complessa lotta ai vertici tra Khaled Meshaal e il premier Ismail Haniyeh. Dopo la conferenza stampa di Damasco con cui Meshaal ha fatto capire di esser l’unico interlocutore possibile per un negoziato sulla testa del caporale Shalit il premier di Hamas decide di ricercare il prestigio internazionale con un fondo sul Washington Post. Nell’articolo Haniyeh accusa Stati Uniti e Israele di aver complottato per far cadere il suo governo, ma promette una tregua d’ampio respiro in cambio di un negoziato incentrato non solo sulla questione dei confini del ’67, ma anche sui diritti dei profughi palestinesi del ’48.
Sul fronte diplomatico internazionale la tela cucita da mediatori turchi ed egiziani per ottenere la liberazione del caporale Shalit viene ora perfezionata da un mediatore finlandese. In base all’intesa, il caporale dovrebbe venir scambiato con 130 prigionieri tra cui i ministri e gli esponenti di Hamas arrestati di recente. L’accordo comprenderebbe anche l’impegno a cessare i lanci di missili Qassam. Hamas, però, pretende uno scambio contemporaneo. Israele, che nega qualsiasi negoziato, esige prima la liberazione del caporale. Su un altro fronte diplomatico lavora il re Abdallah di Giordania, preoccupato per l’arrivo dei missili Qassam in Cisgiordania. Lunedì notte, dopo l’annuncio di Jihad islamica e Brigate Martiri di Al Aqsa sul lancio di un missile da Jenin, il re ha mandato un elicottero a prelevare il presidente palestinese Abu Mazen per discutere il deterioramento della sicurezza nei territori palestinesi. Il missile di Jenin angustia anche Olmert, che lunedì ha giurato di non voler rinunciare ai suoi piani di ritiro dalla Cisgiordania.

Ieri il ministro degli Esteri, la signora Tzipi Livni, ha detto di non esser pronta a sostenere un ritiro a qualsiasi costo: un avvertimento al premier che rischia uno scontro aperto con quanti dentro Kadima dubitano ormai della bontà dei suoi piani.

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