Cronache

Gli indagati: «Non ci sono prove»

Gli indagati: «Non ci sono prove»

Piero Pizzillo

Si è conclusa ieri la fase genovese dell’inchiesta della magistratura di Verona sul fallimento della società di catering Gama e su un giro di presunte tangenti (un milione di euro) e fatture false nel settore della ristorazione e delle fornitura alle mense di ospedali, scuole, caserme, che ha portato in tutta Italia all’arresto di 19 persone, tre a Genova. Ieri abbiamo riferito dell’interrogatorio di Carlo Isola, 55 ani, direttore generale e capo di gabinetto della Regione Liguria, accusato di avere intascato 15 milioni circa delle vecchie lire per favorire gli interessi della Gama, quando era responsabile del settore appalti del Comune. Era stato tirato in ballo dal «pentito» Giuseppe Carraro (originario di Torriglia, come i tre inquisiti finiti agli arresti domiciliari), consulente della Gama, indagato a piede libero (è difeso da Umberto Garaventa), che indicandolo come destinatario di 13 milioni di lire lo aveva chiamato con il soprannome «Omino». Carlo Isola, assistito da Massimo Boggio, sentito dal giudice Silvia Carpanini, ha smentito l’accusa. Oggi è il turno degli altri due. Per primo è entrato nell’ufficio del gip, Roberto Galiano, responsabile del settore sicurezza del Galliera e direttore dei lavori per la gestione e realizzazione di una nuova mensa, cui Carraro, definendolo «Coniglio» avrebbe dato 14 milioni di lire. «Abbiamo contestato ogni addebito - hanno detto i difensori Giuseppe Sciacchitano e Andrea Andrei -_ e respinto l’accusa che si basa solo sulle dichiarazioni di Carraro, senza che vi sia il minimo riscontro. Nell’ordinanza del gip di Verona Sandro Sperandio si parla di una presunta tangente di 7500 euro perchè altrimenti Galiano avrebbe ostacolato il prosieguo dei lavori della Gama. Ma il nostro assistito non aveva poteri decisionali». Alle 12 è stata la volta del direttore amministrativo dell’ospedale, Giovanni Cazzulo, che come «Don Pietro» avrebbe avuto da Carraro 5000 euro per pagare il ricevimento del matrimonio della figlia nel 2001. I difensori Giovanni e Enrico Scopesi hanno dichiarato: «Cazzulo ha negato ogni responsabilità. Come dirigente ha stipulato un contratto, mentre gli si contestano non meglio specificati atti contrari ai doveri d’ufficio ufficio. Chiariremo con i magistrati competenti».

I legali dei tre chiederanno la revoca degli arresti domiciliari.

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