Indagato per omicidio il soldato che uccise Calipari

«La sconfitta della guerriglia richiede ancora molto tempo»

Claudia Passa

da Roma

Omicidio volontario. Sul caso Calipari la Procura di Roma sceglie la «linea dura» nell’iscrivere sul registro degli indagati il soldato americano che aprì il fuoco contro la Toyota sulla quale fu ucciso lo 007. Non solo: Mario Lozano, il mitragliere di origine ispanica addetto al posto di blocco sulla via dell’aeroporto di Bagdad il 4 marzo scorso, è accusato anche di duplice tentato omicidio nei confronti di Giuliana Sgrena e del maggiore dei carabinieri, in forza al Sismi, alla guida della vettura.
La decisione è stata presa dai pm Franco Ionta (capo del pool antiterrorismo), Pietro Saviotti ed Erminio Amelio. Ma se la configurabilità dell’ipotesi di omicidio volontario (rispetto all’eccesso colposo di legittima difesa inizialmente ipotizzato) ha preso corpo dopo la perizia balistica effettuata sulla Toyota nel balipedio della Polizia scientifica (una sola arma sparò, 7 proiettili raggiunsero l’auto), il passo formale è stato possibile solo dopo la consegna, martedì scorso, di un rapporto dei carabinieri del Ros, incaricati di ricostruire i tragici eventi seguiti alla liberazione della Sgrena, e di identificare il soldato che sparò. Il nome di Lozano, infatti, era emerso soltanto quando uno studente di Bologna aveva «decrittato» gli omissis del rapporto della commissione d’inchiesta Usa sul caso Calipari. La rogatoria inoltrata dai Pm per l’individuazione della pattuglia di stanza al check-point non ha ancora avuto esito.
Il rapporto del Ros incrocia le risultanze dei sopralluoghi dei carabinieri, le testimonianze dei protagonisti, e la documentazione acquisita. Obiettivo, fornire ai pm una ricostruzione organica che inquadrasse gli eventi in una dinamica consequenziale. Dagli approfondimenti - spiegano gli investigatori - si è raggiunta la «certezza» che ad «esercitare l’azione di fuoco in direzione della vettura» fu proprio il soldato proveniente dalla Guardia nazionale di New York e residente, fino a poco tempo fa, nel Queen’s. Di Lozano, però, mancano le generalità complete: per questo la sua iscrizione sul registro degli indagati (accolta «con favore» da Alessandro Gamberini, legale della Sgrena) è avvenuta in forma cartacea e non informatica.
L’omicidio volontario - spiegano a piazzale Clodio - è la fattispecie di reato solitamente contestata negli incidenti mortali nei posti di blocco. In questo caso, però, a meno di un colpo di scena, è difficile che si possa arrivare al dibattimento. L’archiviazione sembra l’esito più probabile, poiché - trattandosi di un reato commesso all’estero da un cittadino straniero ai danni di un italiano - non è ipotizzabile il delitto contro la personalità dello Stato, né un processo in contumacia. E la stessa prosecuzione delle indagini è stata possibile solo previa autorizzazione del Guardasigilli. È questo il motivo per cui al passo della Procura è stata attribuita una valenza «politica», dettata fors’anche dal disappunto per il mancato esito della rogatoria: «L’autorità giudiziaria - ha detto Ionta - ha mostrato la sua indipendenza e autonomia oltre alla capacità di sviluppare indagini anche in assenza di risposte alla rogatoria inviata negli Usa».
Sarà un caso, ma proprio ieri l’ambasciatore americano Ronald Spogli si è recato a Palazzo Chigi, dov’era presente anche il premier. «Nell’incontro - ha assicurato il ministro degli Esteri Gianfranco Fini - assolutamente non si è parlato del caso Calipari», ma di Afghanistan e Irak. Quanto alle possibili ricadute sulle relazioni Italia-Usa, Fini ha detto: «In Italia è la magistratura che individua le responsabilità». Sulla morte dello 007 gli Usa (non nascondendo, specialmente negli ambienti militari, una certa irritazione) ribadiscono la validità delle conclusioni della commissione d’inchiesta (divergenti da quelle italiane) che attribuiva l’incidente alla «consapevole decisione degli italiani» di un’«assenza di coordinamento con il personale americano».
Ieri l’ammiraglio Joe Carpenter non commentava «un’indagine in corso da parte di organismi di un altro governo», ribadendo «la validità dell’indagine della Coalizione condotta la scorsa primavera, incluse le conclusioni ufficiali che raccomandavano che non fossero prese ulteriori iniziative contro i soldati del posto di blocco». Per un portavoce del Dipartimento di Stato il caso «è stato indagato a fondo», con un’inchiesta congiunta dai pubblici risultati. Il portavoce del Pentagono Laurence Di Rita ha definito la morte di Calipari «una terribile tragedia personale».

C’è stata - ha ricordato - «un’indagine cui ha preso parte anche l’Italia, e la conclusione è stata che si è trattato di un terribile incidente, che sono state seguite le regole d’ingaggio e che non c’era bisogno di ulteriori azioni». Di Rita ha riconosciuto che il governo italiano ha dissentito sulle conclusioni dell’inchiesta e ha ribadito che l’Italia «è un importante alleato degli Usa, cui ci lega una grande stima».

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