Paolo Giordano
da Milano
Basta che parli, giusto un attimo, e si capisce subito che Caterina Caselli, una delle menti più vivaci della discografia italiana, è entusiasta di questo progetto. È il direttore artistico di «Indeepandance», un kolossal audiovideo che sarà presentato all’Arena Civica di Milano dal 12 al 14 settembre nell’ambito di Music Across, un’iniziativa della Regione Lombardia (per merito dell’assessore alle Culture Massimo Zanello) che, oltre ad «Indeepandance», comprende anche «Contemporanea» e «Live across» (seguita da Barley Arts di Claudio Trotta) e di sicuro farà parlare perché non è solo il primo evento milanese in previsione dell’Expo ma è anche un passo avanti nell’organizzazione dei grandi eventi.
Signora Caselli, come le è venuta quest’idea?
«All’inizio ero un po’ perplessa. Ma poi ho abbracciato questa sfida che mi ha proposto l’assessore Zanello».
La riassuma in poche parole.
«È un’opera innovativa che mette insieme linguaggi che prima erano separati: la musica, la letteratura, la poesia, la danza».
E l’obiettivo qual è?
«Raccontare l’uomo in rapporto all’universo. Anzi, raccontare il suo disagio in un viaggio che tocca i temi cruciali del pianeta, dalla biologia ai sentimenti, alla pubblicità, allo scorrere del tempo».
Insomma, uno degli ottocento spettatori che ogni sera potrà entrare a «Indeepandance» che cosa si troverà di fronte?
«Un’opera suddivisa in 13 quadri che seguono il percorso emozionale dell’esistenza dell’uomo. Il tutto dura circa 75 minuti. Lo scopo è quello di stupire, siamo in un’epoca nella quale non si ha più il tempo di stupirsi di nulla. Ecco, “Indeepandance” vuole stupire. Il mio sogno sarebbe che gli spettatori rimanessero stupiti come bambini davanti al tripudio di immagini, di musica e di danza che si troveranno di fronte. In effetti, e non dovrei dirlo io ma penso proprio sia così, ci sono momenti con una grafica mozzafiato».
Le musiche sono ricercatissime e provengono da diverse parti d’Europa: dagli studi della Real World di Peter Gabriel, da quelli di Reykjavik di proprietà di Bjork e dei Sigur Ros...
«Ho trovato un entusiasmo e una partecipazione dei musicisti che non mi aspettavo. Howie B, ad esempio, è da quasi un mese in una villa di Capalbio con tutto il gruppo creativo (Aldo Nove, Vittorio Cosma, Nicolò Massazza e Jacopo Bedogni dei Masbedo) per completare gli ultimi dettagli. Insomma, il nostro scopo è anche quello di riunire artisti, creare incontri: l’interazione è il sale della creatività».
Qual è il futuro di «Indeepandance»?
«La faremo per tre edizioni. Il prossimo anno avremo anche più tempo per allestire meglio il tutto».
Questa volta Elisa ha dato la sua voce.
«E la sentirete protagonista di alcune scene importanti e sorprendenti».
Persino Stewart Copeland dei Police ha messo la sua firma.
«E accidenti quanto era entusiasta. Lui collabora già da tempo con Vittorio Cosma. Ha dato il ritmo ad alcune scene. Ma, oltre a lui, l’apporto a “Indeepandance” arriva anche dai musicisti più diversi, dal violoncellista brasiliano Jacques Morelenbaum - che mi ha detto: voglio partecipare assolutamente! - fino al direttore d’orchestra Borgar Magnasson».
Al centro dell’installazione c’è una pedana.
«E lì si esibiranno ogni sera musicisti diversi. Ci sarà anche Nils Petter Molvaer, un trombettista che molti considerano l’erede di Miles Davis. Ma ci saranno alcune sorprese».
Alla fine, che cos’è «Indeepandance»?
«Me lo sono chiesta anch’io. È un’opera? Non solo. Un film? No. Diciamo che è un’opera contemporanea allestita in un habitat che le è congeniale: una sorta di astronave in cui fare un viaggio emozionante».
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