Politica

Indulto, Di Pietro vuole arrestare l’Unione

Il provvedimento farebbe uscire dalle carceri 12mila detenuti

Anna Maria Greco

da Roma

Il Parlamento si prepara ad approvare l’indulto per 3 anni di pena, ma la maggioranza rischia di perdere un pezzo: l’Italia dei Valori. Antonio Di Pietro, ministro per le Infrastrutture, minaccia di uscire con il suo partito dal governo, perché non vuole dare il via libera ad un provvedimento che farebbe uscire di carcere, tra i 12 mila detenuti, anche «evasori, corruttori, corrotti e falsificatori di bilancio». Quello dell’Unione con l’opposizione, per il leader dell’Idv, sarebbe un «accordo scellerato». In una lettera al premier Romano Prodi e ai segretari dei partiti della maggioranza, Di Pietro pretende che il Consiglio dei ministri affronti venerdì la questione dell’indulto. Altrimenti, comincerà «una procedura di distacco dell’Idv». Ma il ministro si attira, così, pesanti critiche dagli alleati, che lo accusano di cercare solo visibilità e di confondere le competenze di Parlamento e governo.
Lo scontro durissimo nel centrosinistra era già stato preannunciato da tempo, ma esplode quando l’aula della Camera approva lo stralcio della parte sull’indulto dal provvedimento per l’amnistia: la commissione Giustizia potrà così continuare il lavoro sul testo-base di Enrico Buemi (Rosa nel pugno). Il partito di Di Pietro vota no, da sempre contrario ad includere nell’indulto i reati contro la pubblica amministrazione, quelli fiscali e finanziari. E il capogruppo a Montecitorio, Massimo Donadi, mette in guardia la maggioranza dall’«abbraccio mortale» con la Cdl, che otterrebbe così «quel colpo di spugna sui reati dei colletti bianchi» che non è riuscita ad avere nei 5 anni di governo. Ma il resto della maggioranza è compatto e il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, ricorda a Di Pietro che l’indulto è «un problema politico, un atto del Parlamento», non del governo.
Nel centrodestra, Fi si schiera a favore, come l’Udc. Il leader Pierferdinando Casini, in aula invoca chiarezza, dicendo «basta» agli equivoci. Netta la posizione della Lega, contraria a «qualsiasi provvedimento di clemenza». An, invece, si astiene. «Non ci sono le condizioni - spiega il presidente dei deputati, Ignazio La Russa -: si arriverebbe a svuotare le carceri anche per chi ha avuto condanne a 9 anni».
Tra gli 83 emendamenti al testo, l’Unione ne presenta 2 firmati Ds che impedirebbero di tornare in Parlamento al senatore di Fi Cesare Previti, condannato per la vicenda Imi-Sir: non verrebbero, infatti, cancellate le pene accessorie, anche permanenti (come l'interdizione), come Buemi prevedeva. In serata, la Commissione approva la modifica: l’ex-ministro della Difesa potrà beneficiare dello sconto di pena di 3 anni, ma continuerà a subire l'interdizione perpetua dai pubblici uffici e dunque non potrà più tornare in Parlamento.
Buemi accusa Di Pietro di voler affossare l’indulto, portandolo in Consiglio dei ministri e ricorda che lo stesso programma dell’Unione prevede un provvedimento di clemenza. Per il ministro delle Infrastrutture, al contrario, l’indulto tradirebbe lo spirito del programma che riafferma la volontà di lotta alla corruzione.
Nel centrosinistra forze come i Verdi ribadiscono che però l’indulto non basta: subito dopo la pausa estiva dovrà essere aperto il dibattito sul provvedimento «indispensabile e complementare» dell'amnistia. Ma in questo momento il problema urgente per l’Unione è quello di recuperare l’Italia dei Valori. Il vicepresidente Ds della Camera, Carlo Leoni, lancia un appello perché il partito di Di Pietro ripensi alla sua posizione su «questa iniziativa di alto valore civile». Per Massimo Brutti, della Quercia, «è doveroso dire sì all'indulto», perchè non c’è alcun «colpo di spugna».
Ma per ora il ministro ribelle sembra determinato. Il testo della Commissione giustizia, scrive ai leader dell’Unione, è «inammissibile», perchè include i corrotti. E minaccia: «Non potremmo mai sopportare che uno dei primi provvedimenti sulla giustizia adottati dalla maggioranza di centrosinistra sia quello di liberare Previti.

Come elettore del centrosinistra non lo potrò mai capire, come presidente dell’Idv non lo potrò mai accettare, con tutte le conseguenze del caso».

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