Industria in ripresa, il petrolio spinge l’Eni

Grande distribuzione: Esselunga batte Coop. E le medie imprese sono più dinamiche

Massimo Restelli

da Milano

Il petrolio fluisce sempre più abbondante nella «sala macchine» dell’Eni, ma accanto allo strapotere dell’indiscusso campione industriale italiano (più 28% il fatturato), nel 2005 sono stati anche la moda e una parte del «convoglio pubblico» a lanciare segnali di solidità. Rispettando una tradizione che si ripete dal 1966, è stato l’ufficio studi di Mediobanca a tracciare la rotta della corporate Italia con un lavoro certosino su 3.651 bilanci delle principiali società italiane (per il settore manifatturiero il campione è pari al 40%). Da cui emergono tracce della ripresa economica del Paese, dove le operazioni straordinarie sono aumentate a quota 246 e dove lo scorso anno le medie imprese cosiddette «dinamiche» (più 20% i ricavi) hanno eguagliato quelle del 2001.
Eni ed Enel superstar. Il gruppo guidato da Paolo Scaroni ha macinato 73,7 miliardi di ricavi, posizionandosi poco al di sotto di un ipotetico aggregato finanziario risultante dall’unione di Fiat (46,5 miliardi) e Telecom (29,7 miliardi), bene anche Enel (32 miliardi). Tre società che Eni batte da sola anche sul fronte dei profitti (più 24,5% a 8,8 miliardi). Il risultato è una top ten priva di debutti, malgrado il Cane a sei zampe abbia aumentato il distacco dal Lingotto, complice l’onda lunga del greggio che ha favorito l’intero comparto come dimostrano l’avanzata di Esso ed Erg ai danni di Poste Italiane e del gruppo Riva Fire.
Esselunga batte le Coop. Nelle ultime settimane la grande distribuzione del mondo «cooperativo» è tornata a manifestare volontà di espansione, ma nel 2005 a essere in maggiore salute erano i supermercati della famiglia Caprotti. Pur scivolando al ventiquattresimo posto, complice la «scalata» dei petroliferi, Esselunga ha infatti visto lievitare le vendite del 5% a 4,4 miliardi contro lo 0,5% di Coop Adriatica (1,7 miliardi) e il 2,4% di Unicoop Firenze. Più in generale il settore è invece risultato poco vivace sul fronte del consumi tanto che anche Auchan (2,7 miliardi) ha perso sei posizioni.
Fininvest scalza Fiat. Se l’aumento delle operazioni straordinarie ha favorito Aem (entrata in Edison) e Caltagirone, la vendita di una quota Mediaset ha spinto i profitti di Fininvest al quarto posto davanti a Fiat, anch’essa tornata in utile (1,3 miliardi, contro una perdita 2004 di 1,6 miliardi). Al Tesoro «costano», invece, le Ferrovie (meno 472 milioni) e Alitalia (meno 168 milioni) mentre tra i privati soffrono Impregilo (meno 358 milioni), Wind e Barilla.
La rivincita della «Mano pubblica». Quando si passa dai colossi statali all’ambito locale il quadro però muta. Tanto che tra le medie imprese più dinamiche figurano per la prima volta due realtà in mano pubblica: l’utility Trentino Servizi e, complice l’impatto dei voli low cost, Sacbo (che ha in gestione l’aeroporto di Orio al Serio). Le imprese dinamiche hanno comunque eguagliato i livelli del 2001 con 24 protagoniste concentrate nel nord Est. Quattro le quotate: Socotherm (la prima in classifica), Datalogic, Reply e Dmt.

Cui si aggiunge l’abbigliamento intimo di Inticom.
Moda in recupero. Buono lo stato di salute della moda dove Luxottica avanza di tre scalini (più 34,3%) accanto ad Armani (più 9,9%), Diesel (più 9,4%), Benetton e Max Mara (in entrambi i casi più 3,6%).

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