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Infermiere e dottoresse in minigonna

Puniva con vessazioni le dipendenti che non assecondavano le sue avances sessuali e rifiutavano pure la proposta «minima» di vestirsi in modo succinto. Per questo un ex direttore di una Asl capitolina dovrà risarcire le dottoresse e le infermiere che ha molestato bloccandone anche gli avanzamenti di carriera. La Cassazione, infatti, lo ha riconosciuto colpevole di violenza privata e, sebbene il reato si sia prescritto, ora il manager della sanità dovrà rifondere i danni morali patiti dalle sue vittime.
Senza successo l’ex dirigente del secondo distretto della Asl Roma A ha sostenuto - nel suo ricorso alla Suprema Corte - che non c’era collegamento tra i «comportamenti persecutori» e lo stato di «soggezione» delle dipendenti «prescelte» dal momento che «persecuzioni e minacce non precedevano le richieste di disponibilità sessuale ma seguivano i rifiuti in guisa di reazione sanzionatoria».

La Cassazione sottolinea che «le insistenti richieste di prestazioni sessuali, rivolte con la protervia e l’arroganza che l’abuso del ruolo di superiore gerarchico delle vittime consentiva, ed i comportamenti vessatori che facevano seguito in guisa di sanzione dei rifiuti, integravano il reato di violenza privata». I supremi giudici ricordano che l’uomo (60 anni) aveva costretto alcune dipendenti della Asl - una dottoressa, una radiologa e una infermiera - a «patire mortificanti vessazioni».

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