Inflazione A luglio i prezzi scendono a -0,7%: mai così bassi in Eurolandia

Gli effetti della recessione non si misurano solo in base alla contrazione del Pil. L’inflazione è infatti un’altra spia eloquente di uno stato di crisi. L’ultimo dato diffuso ieri da Eurostat ne è una conferma: in luglio, i prezzi al consumo in Eurolandia sono scesi dello 0,7% (-0,1% in Italia). Un livello così basso (superiore al -0,6% della stima preliminare), non si era mai visto dall’introduzione dell’euro. Soltanto un anno fa, il carovita viaggiava a ritmi di crescita del 4%, dunque due punti sopra la barriera di “tolleranza“ della Bce. Al punto che l’istituto guidato da Trichet avevano motivato l’incauta stretta sui tassi decisa nel luglio 2008 (dunque a crisi ormai conclamata) proprio con i rischi di ulteriore surriscaldamento dell’inflazione.
Dodici mesi dopo, l’euro zona vive una situazione di potenziale deflazione, anche se nel Bollettino diffuso giovedì scorso la Bce ha ribadito che l’attuale decelerazione dei prezzi è temporanea. Un fenomeno transitorio, insomma, destinato a essere assorbito non appena si saranno consolidati i segnali di ripresa. Se la variabile legata all’andamento del petrolio resta predominante nelle future dinamiche dell’inflazione, un altro parametro-chiave riguarderà i consumi interni, da tempo depressi all’interno di Eurolandia.


Oltre al Vecchio continente, anche gli Stati Uniti stanno assistendo a un progressivo raffreddamento dell’inflazione, stabile il mese scorso dal +0,7% di giugno, ma protagonista rispetto a un anno fa della discesa più marcata dal 1950 (-2,1%). All’aumentato potere d’acquisto non corrisponde però una crescita della fiducia dei consumatori (a 63,2 punti in luglio dai 69 di giugno), quasi sicuramente riconducibile alla debolezza del mercato del lavoro.

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