"Inizia il mio ultimo tour all'aperto. Poi farò solo eventi speciali..."

In diecimila a Lampedusa hanno applaudito oltre tre ore di concerto. Claudio Baglioni: "Ormai rischiamo di essere soltanto figurine nell'epoca del selfie"

"Inizia il mio ultimo tour all'aperto. Poi farò solo eventi speciali..."
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Claudio Baglioni, qui a Lampedusa è iniziato l'ultimo tour della sua vita.

"È stata l'anteprima del Grand Tour, titolo pensato ricordando, ovviamente senza paragoni, quelli che facevano in Italia grandi letterati, come Stendhal o Goethe".

Quindi suonando in luoghi di fascino e di arte.

"Era tanto tempo che non facevo concerti all'aperto. Non a caso debuttiamo ufficialmente a giugno 2026 a Venezia in Piazza San Marco. Tra l'altro...".

Tra l'altro?

"Proprio a Venezia ho fatto il mio primo concerto della carriera nel 1968. Alla fine della prima canzone, il pubblico era muto. Dopo una canzone e mezza ha iniziato a invocare il gruppo successivo...".

Poi fine di Claudio Baglioni dal vivo?

"Ci sarà solo un addendum, qualche aggiunta, qualche evento speciale (si parla di stadi - ndr) Penso che sforeremo di qualche mese sui mille giorni annunciati per il mio ritiro".

Nell'attesa di continuare il Grand Tour, Baglioni ha fatto un grande evento allo stadio comunale di Lampedusa con la più grande partecipazione di pubblico dai tempi del primo viaggio di Papa Francesco, circa diecimila persone. "È stato il concerto più difficile della mia vita" ha detto lui alla fine dopo che si era anche commosso cantando Avrai scritta per la nascita del figlio Giovanni: "L'avevo già fatta migliaia di volte ma stavolta ho pensato al mio nipotino arrivato a giugno". In oltre tre ore, con le tavole del bravo Emiliano Ponzi a nobilitare la scenografia, Baglioni non ha solo cantato brani inevitabili della sua storia (dall'iniziale Io sono qui fino ai bis con Questo piccolo grande amore, Mille giorni di te e di me, Strada facendo e Via, illuminati da spettacolari giochi pirotecnici nel cielo) ma ha cantato per intero tutto l'album La vita è adesso di cui si celebrano i quarant'anni e che, detto per inciso, è "di gran lunga il disco più venduto della storia italiana". E lo ha fatto con rotonda intensità vocale alla faccia dei suoi 74 anni. Ce ne fossero.

Prima del concerto la "solita" polemica, stavolta sugli ottocentomila euro spesi dall'amministrazione comunale per tre giorni di eventi, tra i quali appunto questo concerto.

"Una polemica nata e morta lì, legata a qualche voce isolata e sepolta dai manifesti con il mio volto alla Mao Tse-tung che sono stati affissi per tutta l'isola e non permettono il dissenso (sorride, è una battuta per sdrammatizzare un caso che si è sgonfiato - ndr)".

Ce ne furono tante anche durante i dieci anni del suo O' Scià, il primo festival in Europa per sensibilizzare l'opinione pubblica sull'immigrazione clandestina.

"Ora è un capitolo chiuso. Fu una grande esperienza che non ha portato a chissà quali risultati e io mi sono sentito sconfitto. Artisti e personaggi pubblici sono trombettieri, suonano la carica ma non vanno in trincea, non sanno fare la guerra".

C'era la canzone impegnata.

"Io non ero nella congrega dei cantautori impegnati, tra i quali tra l'altro ricordo che c'era chi aveva il macchinone lussuoso e lo faceva guidare ad altri per non farsi scoprire".

Oggi forse ci sono tante guerre come allora.

"Si è talmente radicalizzato tutto che, se va avanti così, neanche la bellezza può salvare il mondo (citazione da L'idiota di Dostoevskij - ndr)".

Ha detto: "In questo momento ci sono 60 guerre con 100 paesi coinvolti: Ucraina, Gaza, Yemen, Sudan e noi siamo inermi e impotenti". Si è fatto un'idea?

"Spesso nei miei testi ho impiegato anche sei mesi per scegliere tra una proposizione semplice e una articolata, figuratevi a trovare le parole da dire su un genocidio o uno sterminio. Non ho ancora capito niente, ma se avessi una posizione la porterei avanti".

Zucchero ha avuto rapporti diciamo difficili con il "dududu" del brano Donne e anche lei a suo tempo con Questo piccolo grande amore.

"Siamo spesso portati a deprezzare proprio le canzoni che ci hanno portato più fortuna. Lo ha fatto Fossati con La mia banda suona il rock, De Gregori con La donna cannone. Ma poi come fai a opporti al volere del pubblico?".

I social?

"Ormai rischiamo di essere tutti figurette del presepe, il selfie ha preso il sopravvento".

Nel pop anche i duetti, i "feat" stanno dilagando.

"Allora ricordo che quando a O' Scià sono iniziati i duetti, spesso improvvisati, in giro non c'era tutta questa abitudine a duettare...".

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