U na recentissima ricerca scientifica naturalmente americana ci spiega che il cervello degli uomini e quello delle donne sono diversi, anzi agli antipodi. I primi capiscono sesso e azione, le seconde privilegiano il pensiero e sanno concentrarsi sulle emozioni. Dev'essere semplicemente questa la ragione per la quale non ho mai sentito una donna lamentarsi dell'allenatore della nazionale di calcio né dell'Inno di Mameli. Quando è il momento di cantarlo lo cantano, l'Inno, magari allo stadio, piangono anche un po', come si deve per qualunque inno di qualsiasi nazione del mondo, poi si trovano qualche altra cosa importante da fare. Fanno doverosamente eccezione alcune signore del Pd, Lanzillotta e Finocchiaro in testa, ma a tutte le regole c'è una triste eccezione.
Confesso che con le amiche e conoscenti incontrate in questi due giorni ci siamo chieste il perché di tante chiacchiere inutili sul dito medio alzato vigorosamente da Umberto Bossi e sulla sua ennesima avvelenata un po' confusa un po' a comando sul mitico inno. Rispondeva alla sinistra, avvisava An, era un po' stanco e confuso, fa caldo, capita a tutti di scambiare vittoria con Roma e l'Umberto ha superato una malattia tremenda con successo.
Ma come lo hanno preso sul serio certi uomini è davvero impressionante. Tutti a disquisire sulla marcia, sull'autore vero, sulla Canzone del Piave, sul «Va Pensiero».
Teniamolo, l'inno nazionale, no, liberiamocene, certo fa schifo, però ormai...
Ora, a parte che il magnifico «Va Pensiero» parla del canto di ebrei disperati in esilio, e non è proprio l'ideale per tirar su il morale della patria, a parte che «La Canzone del Piave» è molto molto unità nazionale, me la cantavano sia mio nonno del Nord che mio nonno del Sud, erano Ragazzi del '99, non è che gli altri abbiano tutti inni di musicalità e versi indimenticabili, non è che la storia di alcuni sia di indimenticabile pulizia. Prendiamo «La Marsigliese», non vi ricorda una rivoluzione sanguinaria? Se la sono tenuta.
Insomma, c'è un inno, c'è una bandiera, dovrebbe esserci un governo unito e sereno, o almeno «desto», come l'Italia di Mameli e il cervello delle donne.
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