C’è modo e modo. Anche per uccidere, anche per non far rumore. Delitti in «sordina», quasi puliti, talvolta perfetti. Ma persino nell’orrore può esserci qualcosa di «genetico», quasi un marchio, un modus operandi che connota il Dna del killer. Della sua cultura, della sua «razza».
Ecco così l’ordinatissima e rigorosa Austria due anni dopo i morti «congelati» di Graz, risvegliarsi ancora aprendo gli occhi su un’altra «ordinatissima» strage. Niente rumori, nessuna madre con la mente avvelenata dagli incubi, che - come accade da noi -, chiama la polizia con le mani sporche del sangue del suo bambino, niente segni di violenze o disagi mal curati. Nulla. Tutto normale, lindo e perfetto, come le strade dove non si gettano i mozziconi. Almeno fino a quando un operaio impegnato in una ristrutturazione scopre il privatissimo cimitero di un assassino. Con dentro i cadaveri di tre neonati.
Siamo a Innsbruck, elegante capoluogo del Tirolo, 130 mila abitanti le cui piste da sci ne hanno fatto le fortune, e dove il massimo dei rumori lo provocano i cin-cin con panciuti boccali di birra. Proprio come Graz, capoluogo della Stiria, pacifica e sonnacchiosa oasi tra le montagne, dove per quattro anni, un’occhialuta ragioniera trentaquattrenne, ammazzò ogni bebè che le nasceva. Fu un vicino di casa a scoprire il 3 giugno 2005, due corpicini chiusi in un sacchetto nel freezer che condivideva con Gertrud. Altri due erano stati invece nascosti nella vicina segheria in disuso. Nessuno aveva mai sospettato nulla, nessuno si era mai accorto dei pancioni. Teutonica discrezione.
Come in un horror fotocopia ieri mattina, stavolta a Innsbruck, quartiere «Wilten» da sotto il pavimento in legno a cui stava lavorando un muratore, sono spuntati fuori i resti di tre bimbi. Lì, sepolti e «dimenticati» nella cantina di un elegante palazzo a tre piani, da chissà quanti anni giacevano dentro a sacchetti di plastica. In mezzo ai detriti.
L’operaio ha immediatamente dato l’allarme subito dopo il primo ritrovamento. È stata la polizia criminale guidata da Walter Pupp, a continuare le ricerche. Ed è bastato scardinare il resto delle assi per recuperare altri due corpicini.
Laconici e comprensibilmente avari di particolari, gli investigatori. Che si limitano a riferire «che da un primo esame condotto sul posto sembrerebbe per il momento escluso che altre salme possano essere state celate nella casa».
Buio pesto sull’autore, ammesso che di uno solo si tratti, degli omicidi. E non ci sono tracce, al momento, che possano condurre ai genitori delle piccole vittime, probabilmente inesistenti anche per l’anagrafe.
Sarà un’indagine a ritroso quella della polizia, alla ricerca di qualcuno che forse non abita nemmeno più in quel palazzo.
Per ora, oltre all’inventario degli inquilini, recenti e passati, gli investigatori dovranno stabilire con esattezza l’epoca dei decessi.
Tutti sospettabili dunque, per tre delitti le cui vittime non hanno un nome.
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