È considerato il musicista dellavanguardia polacca, capostipite degli sperimentatori connazionali ispirati alla Scuola di Darmstadt. E già il termine «avanguardia» può inquietare gli animi timorosi di sperimentalismi, di grovigli di linee e sonorità comprensibili a pochi eletti. In realtà, lui lAventino musicale non lha mai né conosciuto né voluto. Anzi, la sua musica è riuscita a travalicare cortine di ferro, politiche e artistiche, catturando lattenzione del grande pubblico. È Krzystof Penderecki (1933), compositore e direttore cresciuto in piena era sovietica in una cittadina a un centinaio di chilometri da Cracovia, in una fase storica in cui trovandosi a una dogana polacca assistette alla scena di poliziotti intenti a decriptare le sue partiture sospettate dessere una miniera di codici di spionaggio. Follie da Guerra fredda a parte, il fatto, ora al limite della farsa, la dice lunga sullimpatto visivo e il tasso di modernità dei suoi testi. Che, tradotti nella pratica, sono però capaci di suscitare impatto emotivo: lo intuì Stanley Kubrick che per la colonna sonora del suo Shining attinse a piene mani a quelle composizioni di Penderecki adatte a tradurre il clima sghembo e crudo della pellicola.
Penderecki è a Milano in questi giorni, allAuditorium in largo Mahler, alla testa dellOrchestra Verdi, l'ultimo concerto si tiene oggi alle ore 16. In programma, un classico, cioè la Quarta Sinfonia di Beethoven, e il Concerto grosso per tre violoncelli che Penderecki compose nel Duemila su commissione della Nhk Symphony Orchestra di Tokyo.
Ai violoncelli, oltre ai professori della Verdi Andrea Scacchi e Mario Shirai Grigolato, cè Enrico Bronzi, dal 2007 docente presso il Mozarteum di Salisburgo, un passato al primo leggio alla Scala e ora votato al solismo e alla musica da camera.