Inquinamento organico in laghi e fiumi

Nella Provincia di Roma preoccupano in particolare l’Arrone, il Tevere Bracciano e Albano

Proteggere le acque superficiali e migliorarne la qualità, fronteggiando un livello di inquinamento generalmente elevato, dovuto per lo più all’impatto antropico. Questi i risultati del «Secondo rapporto sulla qualità delle acque superficiali e sotterranee della Provincia di Roma anno 2005», realizzato dall’Arpa Lazio e presentato ieri mattina a Palazzo Valentini, alla presenza della vicepresidente della Provincia Pina Rozzo, e al commissario di Arpa Lazio, Corrado Carruba.
Se da un primo confronto tra il secondo e il primo rapporto non emergono «grandi differenze qualitative», secondo quanto dichiarato dagli esperti, dall’indagine risulta però che «l’inquinamento più diffuso nelle acque è di tipo organico, mentre minore è quello di sostanze pericolose, presente solo in alcune aree». Proprio l’inquinamento organico è quello legato allo sviluppo degli insediamenti urbani, dove è più alta quindi la densità di popolazione e degli insediamenti produttivi, come nel caso di Colleferro, seguito da Tivoli e dalla Capitale.
E se da una parte emerge dall’indagine che sono migliori le condizioni dell’Aniene, a risultare preoccupanti sono quelle dell’Arrone, dove è stata anche proibita la balneazione in vaste zone; allo stesso tempo, il Tevere che attraversa la Capitale si evidenzia per una certa «vulnerabilità» proprio nel tratto urbano e suburbano. Inoltre, suscitano preoccupazione l’alta vulnerabilità e l’abbassamento idrico dei laghi del territorio provinciale, in particolare quello di Bracciano e il lago di Albano a Castelgandolfo.


«Il Tevere è malato convalescente - spiega il commissario di Arpa Lazio, Carruba -. Inoltre, da questo rapporto emerge quanto alcuni problemi delle acque siano strutturali, cioè legati alla presenza maggiore degli insediamenti industriali».

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