di Roberta Bartolini
Caro Massimiliano, dopo aver letto il tuo articolo sul mondo della scuola, della cultura, che culmina in un invito ai lettori interessati a partecipare ad un dibattito aperto, vorrei apportare la mia piccola ma a mio avviso significativa esperienza soprattutto impressionata dall'intervento del prof. «S.B.» che si definisce di «serie B» perché insegna in una scuola di «serie B». Dal suo «racconto», ne deduco che si tratti di una scuola privata di quelle di recupero o comunque di profilo minore e qui vorrei arrivare al punto.
Faccio una breve premessa personale. Nel lontano 1998, dopo gli studi, tanto era il mio desiderio di lavorare nel mondo della scuola e dell'insegnamento. In Italia, in tale campo ci sono sempre state due possibilità: insegnare nel pubblico o nel privato. Condizione sine qua non era quella di detenere la cosiddetta «abilitazione» che fino agli '90 veniva rilasciata circa ogni due anni attraverso un concorso pubblico indetto a livello nazionale. Improvvisamente questo iter si è stoppato per una decina di anni. Al decimo anno, come d'incanto, è uscito il nuovo tanto atteso concorso a cui ha partecipato il mondo inclusa la sottoscritta che non lo ha passato e che è rientrata in quella categoria di persone aspiranti insegnanti che si sono dovute rassegnare per sempre a non avere neppure il diritto ad una seconda chance che di solito si concede a tutti. Una nuova speranza era sorta con l'avvento del governo Berlusconi che avrei auspicato si fosse dato più da fare in questo senso, ma nulla è stato operato per recuperare i dieci anni perduti. Pertanto, molta gente o si è arresa o non si è data per vinta come la sottoscritta che si è ritagliata un piccolo ma importante spazio di insegnamento per due anni consecutivi proprio in scuole private, nonché ad intervenire come membro esterno ad esami di maturità. È con orgoglio che racconto la mia modesta esperienza in questo ambito e mi sento di condividere le stesse emozioni del prof. S.B.
Quando si parla di scuola che va male, che è costituita da insegnanti che non valgono molto e che reclamano troppi diritti non bisogna generalizzare. Come in tutti gli ambiti a mio avviso ciò che conta maggiormente è il proprio senso di responsabilità, di serietà, di attaccamento al proprio lavoro, di senso di coscienza.
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