Inseguendo le fughe di Bach Emanuel Gat ha fatto «64»

Note e movimenti in fuga: prove (aperte) di un dialogo tra rigore e creatività, silenzio e musica. Con un programma spaccato in due tra architetture sonore barocche e rumori tipici di una sala prove - coreografie di notevole impatto visivo e sonoro: Sixty Four su partitura musicale di J.S.Bach L’arte della Fuga, e Silent Ballet tessuto sui suoni artigianali della danza, entrambe presentate in prima nazionale stasera all’Auditorium Conciliazione - il Romaeuropa Festival dà il bentornato a Emanuel Gat, prodigioso danzatore e insegnante israeliano noto per la sua straordinaria musicalità e il raffinato talento teatrale privo di eccessi intellettuali. Premiato con il Bessie Award 2006 al Lincoln Center di New York per il lavoro sperimentale effettuato su tre dei 24 Lieder di Franz Schubert, con i quali ha avviato un percorso di lavoro ispirato al rapporto tra suono e movimento, e su alcune partiture di Stravinskij (approcci che sbocciarono nelle raffinate coreografie Vinter Voyage e The Rite of Spring), Gat torna a Roma insieme con la sua compagnia per stupire gli appassionati dell’arte coreutica con le sperimentazioni coltivate nel tracciato aperto dalla post modern dance statunitense e sviluppate grazie alla passione per la musica colta.
Un’arte che il coreografo purista di Tel Aviv, artista scelto dell’Israel Cultural Excellence Foundation, studiò sui banchi della Rubin Academy of Music «rischiando» di diventare direttore d’orchestra. Questa attrazione fatale per l’armonia - non a caso il suo primo assolo Four Dances del ’94 fu concepito sull’architrave delle pregevoli musiche barocche - non lo ha però imbrigliato nella coerenza formale, al contrario ha permesso a Gat di cogliere attraverso la sintassi del movimento l’essenza stessa delle opere di Bach, mantenendo inalterata la geometria e l’enfasi delle «fughe» grazie al dialogo costante tra partitura e ballerini: una donna e quattro uomini. Corpi aguzzi che si allacciano o si flettono eteri, vibrando e armonizzandosi a partiture di sfarzoso impianto polifonico tra grovigli di muscoli e contrappunti, piegamenti e canoni.
Tutt’altra musica (è proprio il caso di dirlo) per l’altro segmento danzato in programma all’Auditorium Conciliazione, Silent Ballet, un pezzo di grande energia che celebra la danza sui «rumori» propri dell’arte coreutica, cioè i suoni udibili sul parquet quando è in atto il processo creativo di un nuovo balletto.

Si tratta di una coreografia apparentemente silente la cui colonna sonora è data dal ritmo dell’ambiente circostante, dagli strumenti del mestiere e dall’anelito dei corpi. Passi, tonfi, respiri e crepitii gonfiano il pentagramma di questa musica sensuale e viva, «creata» nell’attimo in cui l’intuito dell’artista si libera dalla plasticità del gesto e diventa pura invenzione.

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