Le insistite risse nel calcio parlato moltiplicano le violenze sui campi

A preoccupare gli esperti è l’atteggiamento passivo con cui nelle varie trasmissioni vengono accettati insulti e prevaricazioni

da Roma

Scorrettezze, falli assolutamente inutili che trasformano i campi di calcio ring, tanto che in media in ogni partita di campionato si assiste a un intervento scorretto e assolutamente inutile ogni otto minuti. Per non parlare di zuffe, insulti e grida che dominano nelle principali trasmissioni sportive: una rissa mediatica ogni tre minuti di messa in onda. I motivi? Troppa ansia da prestazione in campo e caccia agli ascolti in tv, ma secondo sei psicologi su dieci l’esasperazione ormai raggiunta nel mondo del pallone avrebbe anche un altro colpevole: la moviola.
I motivi? Veste il calcio di una falsa sicurezza scientifica, avallando la sindrome da complotto tra giocatori e pubblico (28 per cento). In ogni caso la violenza che ormai è protagonista nel calcio offre sempre più un modello sbagliato, con il rischio che urla, risse e prevaricazioni vengano vissute come normali (63 per cento) e il giusto modo per affrontare controversie e chi non è della propria stessa idea (55 per cento).
È quanto emerge da uno studio di Eta Meta Research, svolto attraverso il monitoraggio e l’analisi del calcio in tv, condotto tra la prima settimana di marzo e la seconda di aprile, per individuare la frequenza dei gesti di violenza (verbale e/o fisica) nelle partite trasmesse e delle trasmissioni sportive, su Rai, Mediaset, reti locali e satellitari. Lo studio ha coinvolto anche sessanta tra psicologi ed esperti, intervistati sulle cause scatenanti dei gesti di violenza e sui possibili effetti.
«Proprio quando manca poco più di un mese ai Mondiali - dice Saro Trovato, presidente di Eta Meta Research - ci sembrava giusto vedere che spazio hanno violenza e comportamenti scorretti nelle trasmissioni che parlano di calcio, oltre alle stesse partite. A preoccupare, come sostengono gli esperti intervistati, è l’atteggiamento passivo con cui vengono accolti i litigi, gli insulti e le prevaricazioni, cosa che crea una sorta di complicità con lo spettatore e contribuendo a far entrare a tutti gli effetti la rissa nel comportamento comune».
Situazione che peggiora quando ad essere protagonista non è il calcio giocato, ma quello parlato, nelle innumerevoli trasmissioni sulle reti nazionali e locali. Addirittura, nel periodo preso in esame in media si è assistito ad una rissa verbale in media ogni tre minuti, un insulto ogni sette, un episodio di intolleranza o un gestaccio ogni dieci.
«Con l’aumentare della pressione psicologica sui giocatori è cresciuta fortemente una sorta di ansia da prestazione - sottolinea la psicologa Vera Slepoj, che ha seguito in passato alcune squadre di calcio -, che in campo spesso si traduce in gesti anche gratuiti.

La tensione si scarica non sulla gara, ma sull’avversario, visto come un nemico da abbattere per raggiungere il risultato voluto dalla società e dagli sponsor. Il tutto viene sicuramente acuito dallo stile dei media, sempre alla ricerca di scoop e notizie choc per non far mai calare la tensione e legare a sé il pubblico».

Commenti
Disclaimer
I commenti saranno accettati:
  • dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
  • sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica