"Insolvenza": la parola che nessuno vuol pronunciare

"Insolvenza": la parola che nessuno vuol pronunciare
Roma - La newsletter arriva dagli Stati Uniti e - per la prima volta - prospetta l’eventualità che la crisi di liquidità sul mercato del credito possa trasformarsi in «crisi di insolvenza»: parola che nessuno vuole pronunciare. L’analisi parte dal presupposto che banche e assicurazioni gestiscono le operazioni di finanza derivata fuori dai bilanci. In tal caso, per far fronte alle obbligazioni assunte, devono perdere fondi e credibilità.

Possono anche portare in bilancio le perdite registrate con la finanza derivata. Ma in tal caso, non sarebbero più in grado di rispettare i ratios (i requisiti) patrimoniali richiesti dalle diverse autorità di controllo. Per tornare a rispettarli dovrebbero ricapitalizzare.
E qui arriva il problema di insolvenza.

Se il mercato del credito ha poca liquidità, banche e assicurazioni chiamate a ricapitalizzare per aver portato in bilancio le perdite sui derivati, potrebbero correre il rischio di trovarsi in condizioni di insolvenza.

A quel punto la crisi assumerebbe portata ben diversa e ben più grave. Per queste ragioni, «insolvenza» è diventata la parola che nessun banchiere centrale vuole ora pronunciare; ma che inizia a echeggiare.
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