Stile

Instagram, hashtag e molti selfie Tutto Pitti in un clic

di Daniela Fedi

«Viviamo attraverso i nostri schermi in cui documentiamo un momento che però non viviamo. Non guardiamo più, filmiamo. Non ascoltiamo più, registriamo. Non parliamo più, postiamo». L'ha detto Alber Elbaz, grande stilista e acuto osservatore del costume uscito dai radar della moda nel 2015 dopo 14 fantastici anni come direttore creativo di Lanvin.

Il suo ritorno è imminente grazie a una prestigiosa collaborazione con Tod's. Nel frattempo, però, la situazione è peggiorata: siamo letteralmente schiavi dei nostri smartphone. Non c'è evento modaiolo che non venga documentato da foto, film e registrazioni amatoriali postate in tempo più o meno reale sui social media. Sembra infatti azzeccatissimo il titolo del tema dell'edizione 96 di Pitti Immagine Uomo in programma a Firenze dall'11 al 14 giugno: The Pitti Special Click. Certo è difficile capire perché Agostino Poletto, direttore generale della manifestazione abbia dichiarato: «È una scintilla che produce alchimie inedite, un click energetico ed emozionale difficile da arginare, il Fattore X che decreta il successo di ogni appuntamento». Su queste ermetiche indicazioni Sergio Colantuoni ha progettato il più grande allestimento mai realizzato a Pitti: una palafitta di mille metri quadri nel Piazzale Centrale della Fortezza da Basso. Visto sul rendering questo percorso ha la forma di un anello e vanta uno speciale set fotografico firmato Instagram interamente dedicato al pubblico di Pitti. Si prevedono code chilometriche per raggiungere la parete logata contro cui farsi scattare la foto o il selfie da postare e anche il click sarà virtuale perché il touch screen per sua natura non fa rumore. La differenza con il fotogiornalismo è abissale: qui non c'è né critica né cronaca e nemmeno quell'insaziabile curiosità di capire cosa succede per poi raccontarlo agli altri. In questo mondo alla fine claustrofobico e piccino esiste solo il bisogno narcisistico di affermare «Io c'ero» come se non fosse implicita la presenza di Robert Capa mentre le pallottole franchiste colpivano a morte il miliziano spagnolo oppure quella di Richard Avedon davanti alle mummie conservate nelle catacombe di Palermo. Diane Arbous era talmente vicina ai freaks dei suoi struggenti ritratti che alla fine si è suicidata e abbiamo visto con i nostri occhi il grande Helmut Newton accartocciato per ore ai piedi delle modelle perché voleva far capire quanto erano alti i tacchi di Blumarine e come rendevano sexy le gambe femminili. Sui social media la qualità dell'immagine alla fine è secondaria: contano i followers e soprattutto quell'oscura materia che sono gli hastag, ovvero le parole scritte dopo il simbolo # con cui si organizzano le tematiche trattate. Ebbene click è un termine onomatopeico e intraducibile che negli antichi testi taoisti potrebbe corrispondere a SHEN, l'istante che trasforma.

Sarà dura vedere qualcosa di simile al Pitti, anche se questa edizione sulla carta sembra sensazionale.

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