Integrazione e democrazia si creano con l’urbanistica

Integrazione e democrazia si creano  con l’urbanistica

Nel 2010 sono stato a Istanbul con mia moglie. Lì hanno un enorme afflusso di migranti in seguito alle guerre nel Medio Oriente e nell’Asia centrale e gli urbanisti stanno cercando di immaginare in che modo possono creare servizi che uniscano questi quartieri ai margini delle strade. Come far interagire le diversità in queste città? Semplicemente non siamo in grado di farlo. Questo costituisce una sfida enorme per noi. Un modo di pensarci è riflettere sulla città in relazione a un ideale che abbiamo sulla nazione o, anzi, sui diritti umani.
In Europa pensiamo a liberarci dei confini nazionali. Dovremmo immaginare che, nelle città, il modo di avere dei margini attivi sia semplicemente cancellare qualsiasi resistenza tra i vari gruppi. Nella pratica è molto pericoloso. Quando nella realtà di una città moderna si sottrae alla comunità qualsiasi potere di resistere al mondo esterno, si sollecita l’invasione. Si invita, in modo particolare, alla gentrification, un processo di trasformazione di un quartiere popolare in uno residenziale. Ad esempio, a Mumbai quasi due milioni di persone, in nome dell’integrazione della città, sono stati obbligati ad andarsene con lo sfratto, dato lo sviluppo economico.
Pensando a un limite vivo, a come saldare la città, credo che faremmo meglio a pensare alla distinzione che i biologi fanno tra parete cellulare e membrana cellulare. Una parete cellulare trattiene tutto per quanto possibile e dà via quanto meno possibile. Una membrana cellulare è un altro tipo di bordo: è sia poroso sia resistente, le cose fluiscono dentro e fuori, eppure la cellula mantiene la sua struttura. In un certo senso, c’è bisogno di scoprire quei principi delle membrane cellulari per creare la struttura di una città. In che modo i quartieri poveri possono essere connessi a quelli più ricchi, o i quartieri islamici di città come Bruxelles o New York rispetto a quelli cristiani?
Riflettendo sulla struttura della città, in particolare fuori dell’Europa dove le differenze sono così grandi per dimensioni e così concentrate, bisogna trovare un modo che non degeneri in un «mondo senza confini».

Invece dovrebbe trattarsi di qualcosa che assomiglia di più alle membrane cellulari che possediamo al nostro interno, porose ma resistenti. Come Bauman, non so in che modo funzionerà \ credo sia un problema che risuonerà per tutto il XXI secolo. Le città diventeranno più complesse e tale complessità diventa sempre di più urgente.

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