«Integrazione? Prima il rispetto delle regole»

«Integrazione? Prima il rispetto delle regole»

Gianfranco Bettin, lei scrive che il solidarismo non riesce a capire il problema dell’immigrazione selvaggia.
«Sì, è inefficace».
Affermazione nuova: a sinistra le critiche al «vangelo secondo Gentilini» sono molto più numerose di quelle al solidarismo.
«Per me non è una novità, saranno 15 anni che la penso così, mi sono occupato a lungo di politiche sociali e non ho mai avuto questo atteggiamento. Contesto Gentilini anche nel libro, tuttavia ho sempre pensato che il rigore e il rispetto delle regole siano necessari quanto la capacità di integrare. Diritti e doveri stanno insieme o non stanno».
Dove ha fallito il buonismo della sinistra?
«È stato uno dei peggiori disastri dei governi Prodi, D’Alema e Amato. Hanno tentato di scimmiottare le ricette della destra introducendo un rigore attenuato».
Per esempio?
«Per ammorbidire le espulsioni la legge Turco-Napolitano ha inventato i centri di permanenza temporanea, strutture diventate una specie di piccoli lager fuori tempo per gente che non ha commesso reati specifici: una cosa inumana per le condizioni di molti di essi, e inefficace perché si riempiono presto».
È l’unico errore?
«No. La sinistra non è riuscita a introdurre veri diritti per gli immigrati a partire dal fondamentale, il voto amministrativo, che li farebbe sentire più radicati nelle città costringendoli anche a rispettare le regole. È più coerente la politica della destra quando è al governo, e quindi dà un’impressione di maggiore compattezza e maggiore efficacia. Gli altri, i “nostri”, divisi come sono sempre stati, cercano di sommare gli opposti e ne viene fuori il peggio».
Non c’è anche un’incapacità di ascoltare la gente?
«Dopo il delitto di Gorgo, uno dei pochi sindaci di centrosinistra della Marca scrisse più volte al ministro Amato il quale non gli rispose nemmeno per dirgli che aveva protocollato la lettera. Allora pubblicò una lettera sui quotidiani, tutti gli dissero: bravo, hai del coraggio, adesso il “governo amico” ti darà una mano. Silenzio di tomba».
Il figlio dei signori Pelliciardi non riuscì a farsi ricevere dal guardasigilli Mastella.
«E poi si lamentano se la Lega arriva al 40 per cento. La sinistra ha dimostrato una totale incapacità di capire la tragedia accaduta. Lo stato c’era, magistratura e forze dell’ordine hanno preso gli assassini in una decina di giorni; ma un conto è l’efficacia degli organi dello Stato sul campo che svolgono con abnegazione e professionalità il proprio compito, un altro è l’intensità della risposta di chi in quel momento sta al governo e dovrebbe interpretare più in profondità i sentimenti di una comunità, e su quella base esprimere una risposta non soltanto tecnica».
La sinistra è in grado di affrontare queste situazioni?
«Di sicuro non lo è stata. Ci sono interessanti esperienze locali, ma il governo ha dato prova di non essere all’altezza. Spero che in questi anni, facendo autocritica e stando sui territori, perché è lì che si capiscono le cose davvero, si possano assimilare queste cose».
Intellettuali come lei e Barbagli sembrate isolati.
«L’esigenza di un ripensamento è molto diffusa. Manca la politica».
Che cosa intende?
«Non ci si può limitare, come fa Barbagli, a denunce teoriche. Bisogna suggerire misure concrete. Finora vediamo soltanto le fughe in avanti di certi sindaci con una storia di sinistra che imitano la destra».
Gli sceriffi alla Zanonato?
«Sono poco credibili. A quel punto in genere la gente sceglie l’originale, che ha un progetto e un disegno più compatto. La sinistra si deve inventare una strada nuova, che viaggia tra diritti e doveri, non dimenticando mai né gli uni né gli altri».


Ha suggerimenti?
«Per esempio, ci vorrebbero ammortizzatori sociali per lavoratori stranieri che perdono il posto, in modo da evitare che vadano a ingrossare le file del lavoro non dico irregolare, ma criminale o para-criminale».

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