Gli intellettuali di destra promuovono la svolta: «Più fatti, meno ideologia»

Lanna, direttore del «Secolo d’Italia»: «Così si diventa l’avanguardia di tutti i moderati». Campi, docente e storico: «I conservatori non sono chiusi come pensa la sinistra»

da Roma

Non è una trama politica facile da tessere quella di Gianfranco Fini. I suoi sostenitori ne lodano la capacità di leadership, il desiderio di intrecciare tradizione e innovazione e sottoporre l’universo conservatore a un bagno di modernità, regalandogli fantasia e coraggio contro la cappa di piombo del «nostalgismo». I suoi detrattori, invece, lo accusano di voler rompere i sigilli dei padri, di soffrire di una sorta di complesso di inferiorità culturale verso la sinistra e di essere lanciato lungo un piano inclinato che lo porterà a decretare la fine di An come partito della destra italiana.
Il dibattito si ripropone a cadenza periodica, ad ogni tappa di quel percorso a strappi che ha condotto il leader di An a rinnegare la Repubblica di Salò, a proporre il voto amministrativo per gli extracomunitari, a votare sì nel referendum sulla procreazione assistita e ora a concedere sostanziose aperture sulle coppie di fatto e sull’insegnamento del Corano nelle scuole. «La preoccupazione di fondo di Fini quando parla delle coppie di fatto è evitare che ci siano prevaricazioni sugli individui e sacche di emarginazione» dice Pietrangelo Buttafuoco, penna irriverente e intellettuale talentuoso della destra. «L’uomo di destra è molto più pragmatico e veloce, meno obbediente all’ansia etica rispetto alla sinistra. Va al nocciolo della questione, pensa a risolvere i problemi, non a farci una teoria sopra. Non c’è alcuno scandalo nell’insegnamento del Corano. D’altra parte - ricorda l’autore de Le uova del drago - Fini può fare tranquillamente riferimento a quel monumento di saggezza che era il regolamento scolastico di Giovanni Gentile. Prevedeva che quando in un istituto vi erano trenta allievi di una determinata religione, questi avevano diritto ad avere l’ora di religione secondo la loro confessione».
Si schiera con il leader di An anche Luciano Lanna, direttore responsabile de Il Secolo d’Italia. «Dico da sempre che quelli di Fini non sono strappi. Le sue sono posizioni tipiche già dell’Msi, basti pensare che ai funerali di Almirante c’erano dodici ambasciatori di Paesi arabi e sui diritti individuali la linea era quella di una grande tolleranza. Qualcuno forse vorrebbe An come un partito bigotto, una sorta di “Alleanza Cattolica”, ma la destra italiana non è mai stata qualunquista e becera». Su posizioni simili si attesta anche Alessandro Campi, professore di Storia delle dottrine politiche all’Università di Perugia. «Io credo che converrebbe smetterla con l’idea di Fini che violenta il sentimento delle persone che si riconoscono in An. Fini si muove all’interno di un percorso di una destra realista e pragmatica che ha rinunciato a leggere il mondo attraverso il filtro dell’ideologia. Magari si possono sollevare obiezioni sul suo modo un po’ solitario di operare. Ma i contenuti non sono choccanti per nessuno. I conservatori non sono ottusi, questa è un’idea che ha la sinistra».
La teoria del «tradimento» dei valori fondanti non convince neppure il direttore del Tg2, Mauro Mazza. «L’impressione è che Fini stia lavorando per la costruzione di una destra vasta, non clericale in cui possano coesistere cattolici e laici. Una destra laica che rifiuta un certo laicismo d’Oltralpe e una certa intolleranza verso ogni tipo di credo religioso. Fini non si sta allontanando da An, sta semplicemente poggiando mattoni per la costruzione della casa comune del centrodestra che dovrà essere aperta a tutti. E questo è un ulteriore elemento di sintonia con Berlusconi». Unica voce parzialmente dissonante quella dello storico Giano Accame. «Trovo ragionevole l’apertura sulle coppie di fatto, sempre che questo non si trasformi in una sconcia parodia del matrimonio. Quella del Corano mi sembra, invece, una emerita fesseria. Sono duemila anni che gli ebrei vivono in Italia e la loro religione la imparano in sinagoga. Noi cristiani ci prepariamo alla comunione in parrocchia.

Piuttosto chi viene in Italia dovrebbe aggiornarsi su riti, usanze, date e personaggi del cattolicesimo. Anche solo per comprendere la società in cui vive o magari per capire l’ispirazione di metà dei quadri che trova nelle pinacoteche o nelle chiese».

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