Inter, l’effetto Cruz abbatte di nuovo lo Spartak

nostro inviato a Mosca
Ci voleva l’effetto Cruz per far sentire grande l’Inter. Un altro gol, il terzo in due partite di Champions, il tanto necessario per non far vedere punti allo Spartak e dire ai suoi: ecco, ci siamo, questo è l’assetto di volo, non perdiamolo più. Questo argentino dal sorriso triste si sta costruendo un monumento nella storia nerazzurra. Passerà ai ricordi come toccò a Joaquim Peirò e Ramon Diaz, uomini arrivati senza l’alone dei fenomeni ma terribilmente utili, concreti, efficaci, decisivi. Ieri sera el Jardinero ha piantato la sua zampata dopo un solo minuto di gioco ed ha tolto il freno a mano alla squadra. Derby e Champions in tre giorni, l’Inter ha trovato una sua dimensione, vittorie importanti e convincenti, ha giocato da «squadra», con l’umiltà, la grinta e la qualità di chi vuol vincere davvero. Non è la prima volta, e probabilmente non sarà l’ultima, che la gente nerazzurra esalta e si esalta per poi lasciarsi strangolare da svagatezze, stramberie, guerriglie interne, insomma si dissolve nelle follie. La Champions è stata una fatina troppe volte ingannatrice: basterà ripensare al magnifico successo con l’Arsenal, oppure alle due partite giocate nel 2003 prima di perdere la guida di Hector Cuper. Bisognerebbe sempre diffidare dall’Inter bella di coppa, ma questa ha una faccia più concreta, c’è gente sulla quale contare a cominciare da Stankovic anima e regista di tutta la compagnia che anche ieri sera ha fatto intendere la sua qualità di giocatore moderno e maturo: dovunque servisse un aiuto c’era lui, dovunque l’Inter producesse un pericolo s’infilava. Eppoi i mattacchioni Materazzi e Ibrahimovic, Crespo rimasto in panchina e Figo, i sempre verdi Zanetti e Cordoba, il tosto Dacourt in attesa di Vieira e Cambiasso.
Il gol di Cruz ha messo il sorriso sulle labbra all’Inter e regalato la tranquillità per giocarsi un partita così tosta. Tanti ostacoli da superare, non solo una squadra: il grido di almeno sessantamila persone addosso, il gelo atmosferico, un campo scivoloso e bagnato. Stranamente a Mosca ieri non è piovuto, ma il campo (sintetico) era umido quel tanto da renderlo viscido e infido a chi non è abituato a giocarci. Tutto il mondo è paese quando si tratta di una furbata. Ed anche quando si tratta di traffico: ieri sera era presente il sindaco di Mosca, ma forse era meglio si occupasse del traffico che ha reso la città un gigantesco groviglio di auto, e lo stadio un miraggio per tanti. Lo Spartak ha rimediato evitando l’autobus e prendendo la metropolitana (sì, avete letto bene), l’Inter è stata scortata dalla polzia, i suoi tifosi vip sono arrivati all’inizio del secondo tempo. E si sono persi il bello: quel gioco molto concentrato e deciso dei nerazzurri che, per tutta la partita, hanno tenuto sotto pressione gli avversari andando ad attaccarli in ogni parte del campo. Gioco faticoso, ma di sicura resa.
Lo Spartak ha subito l’1-0 lasciandosi pescare dal primo «dai e vai» fra Ibrahimovic e Cruz. Lo svedese ha individuato la zona fragile della difesa avversaria, si è infilato servendo un pallone rasoterra a Cruz, tramutato nel veleno della serata. Colpo da choc al quale i russi hanno reagito creando problemi con Boyarintsev, pelato numero sette che doveva sapere delle difficoltà di Maicon in fase difensiva. L’Inter ha sempre atteso e reagito, si è affidata ai buoni riflessi di Julio Cesar che ha scacciato palloni importanti, ha sfiorato almeno tre volte il gol fra il primo e il secondo tempo. Lo Spartak ha preso una traversa con Shishkin, dopo 32 minuti della ripresa, proprio nel periodo in cui l’Inter ha sofferto di più. Problemi naturali in una partita in cui la qualità tecnica nerazzurra ha fatto bella mostra di sé, pur concedendo ai russi la netta superiorità nel possesso palla. Statistica che vale solo per chi crede che basti tener di più la palla per dominare il gioco.

Con meno palla fra i piedi, ma migliori idee in testa, l’Inter poteva invece segnare ancora se Ibrahimovic che, come Cruz, si è sfiancato in un gran lavoro a tutto campo, avesse avuto miglior freddezza. All’inizio della ripresa si è mangiato una rete che poteva valere il rimorso eterno. Così non è stato. Il gol di santo Cruz ha salvato tutte le anime nerazzurre: quelle buone e quelle perverse.

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