Franco Ordine
da Milano
Se cè ancora qualche perplessità sulla mutazione genetica dellInter, basta rileggersi la sfida di ieri con lAscoli per convincersi, definitivamente, che lestate non è passata invano. E che dalla Torino bianconera, disfatta da moggiopoli, non sono solo arrivati un paio di decisive pedine. Ibrahimovic e Vieira han portato chili e forza fisica, una classe strepitosa e aggiunto al motore interista una carrozzeria da tir. Perciò lultima Inter di Mancini, invece di fare progressi sul piano del gioco alla mano e delle geometrie, è diventata unautentica armata. E ha preso a spianare ogni tipo di rivale incontrato lungo la strada. Della Juve di Capello, simile per certi versi a quella storica e immacolata del Trap, lInter ha mutuato ora anche la mentalità. Qualche tempo fa, nelle stesse condizioni, si sarebbe disunita e smarrita dinanzi alla curva dolce dolce dellAscoli, da affrontare in casa. Per esempio il Milan ha compiuto una fatica enorme per domare la squadra di Tesser (gol di Jankulovski nel finale su lancio ispirato di Pirlo). E invece lInter ha acquistato il dna juventino messo al servizio di un dichiarato obiettivo: vincere lo scudetto sul prato verde, con i gol e con le imprese balistiche, con le goleade e con i successi messi al sicuro in una settimana colma di belle notizie (vittorie nel derby e a Mosca) ma anche di stanchezza.
I rischi, prima della svolta maturata nel finale del primo tempo, sono tutti per Julio Cesar e la sua allegra compagnia nerazzurra. Concessi allo sciagurato Giampà e al discutibile Bjelanovic due occasioni che possono fare la fortuna di Tesser. E invece, in entrambe le azioni, i due prendono a pallonate la curva nord, pronta ad accogliere con affetto e devozione il vecchio Pagliuca. Sono questi gli snodi fondamentali della sfida. Di là lAscoli sbaglia, di qua lInter appena si esalta con una serpentina del mago Ibrahimovic, trova il golletto del vantaggio con Javier Zanetti, a segno dopo quattro anni e al culmine di una incursione dello svedese che preferisce servire Crespo prima del tocco decisivo del capitano. LInter juventinizzata porta a casa i tre punti nel breve volgere di dieci minuti, a cavallo dellintervallo senza mai incantare, tradendo anzi segni inconfondibili di stanchezza. In altri tempi e con un diverso dna sarebbe finita in modo diverso, forse. Ibrahimovic, sempre lui viene da dire, promuove lo scatto di Figo, appena entrato al posto di Grosso (poco attento alla fase difensiva), ed è la scintilla che procura la seconda fiammata nerazzurra. Sulla sciabolata del portoghese in scivolata, Cudini, firma lautorete classico nel tentativo, balordo di anticipare Crespo, meglio piazzato di tutti davanti a Pagliuca.
A quel punto lInter richiama in servizio permanente effettivo Julio Cesar, capace di fare il Buffon e non soltanto dal dischetto, deviando il moscio tiro dagli undici metri di Fini, chiamato a sorpresa allincarico (ma Tesser non ha proprio di meglio?). Così la partita, invece di aprirsi al ritorno dellAscoli, si avvia verso linevitabile epilogo. Il portiere brasiliano preferito a Toldo continua a fare il lavoro sporco e bene (deviazione su colpo di testa di Bjelanovic) mentre i suoi davanti, in contropiede, nelle praterie dellAscoli, si divorano almeno tre-quattro circostanze per chiudere la contesa con un risultato più rotondo. Alla fine Mancini non brontola: gli errori di mira passano in cavalleria, si chiude un occhio sulla stanchezza che emerge nelle sequenze successive. Anche in questo, magari per qualcuno è una bestemmia, il tecnico interista comincia a somigliare in modo inquietante a Capello.
Finalino dedicato allAscoli e a Tesser.
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