Certo, bisogna tenere conto di tante cose: che siamo nella capitale italiana del narcotraffico, che le minacce terroriste di vario genere hanno a Milano il principale bacino dutenza, che la criminalità dei politici e dei «colletti bianchi» da queste parti ci dà dentro più che altrove. Insomma, sarebbe superficiale leggere i dati che (finalmente!) raccontano quanto, come e a che costo vengono intercettati i milanesi dai loro pubblici ministeri senza considerare che di fenomeni criminali sotto la Madonnina ce nè più che altrove, e che le intercettazioni servono.
Ma il totale fa impressione lo stesso: centosettanta milioni di euro. É il conto di cinque anni di intercettazioni della Procura della Repubblica di Milano. Tra il 2003 e il 2007 - anno in cui si fermano le statistiche disponibili sul sito del ministero della Giustizia - i pubblici ministeri del distretto meneghino hanno speso oltre 170 milioni di euro. Un trend, che con oscillazioni, è rimasto tendenzialmente costante: con un picco di 37 milioni di euro nel 2004, e con il 2007 che si stabilizza intorno ai 34 milioni.
Il dato, va ricordato, riguarda tutte le Procure che appartengono al distretto della Corte dappello di Milano. Oltre ai numeri del capoluogo, dunque, vanno considerate anche le intercettazioni realizzate a Como, Varese, Sondrio, Lecco e Pavia. Ma a fare la parte del leone è ovviamente la procura milanese. Che, nel corso dei cinque anni sotto esame, ha da un lato mantenuto sostanzialmente costante la sua spesa, ma ha progressivamente e sostanziosamente aumentato il numero degli «obiettivi» messi sotto controllo, che sono quasi raddoppiati: dai 7.462 del 2003 si è arrivati ai 13.969 del 2007. In cinque anni, sono stati messi complessivamente sotto controllo più di 57mila milanesi: abbastanza da riempire i primi due anelli delo stadio di San Siro.
Troppi? Su questo, ovviamente, le opinioni divergono. Se si applicasse a questi dati il coefficiente utilizzato nei giorni scorsi da Silvio Berlusconi per lanciare lallarme «siamo tutti intercettati», ognuno dei circa quattordicimila milanesi finiti sotto controllo andrebbe moltiplicato per cinquanta, perché ogni telefono parla con decine di persone che non centrano niente con le indagini: e si arriverebbe così ad un allarmante totale di settecentomila milanesi incappati nel «Grande Orecchio».
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