Politica

Intercettazioni, sì del Senato Napolitano bacchetta Di Pietro

RomaIntercettazioni, un «sì» con okkupazione. Quattordici senatori dell’Italia dei valori hanno addirittura passato la notte a palazzo Madama. Poi, ieri, il contestato via libera al provvedimento sul quale il governo aveva posto la fiducia. A favore 164, contrari 25, con i piddini che lasciavano l’Aula gridando allo scandalo: «È la morte della libertà». Mentre il Guardasigilli Angelino Alfano, presente alla votazione, cantava vittoria («Abbiamo realizzato un punto del programma»), fuori era già bagarre: popolo viola mobilitato in veglie notturne, sindacato dei giornalisti a proclamare uno sciopero per il prossimo 9 luglio, le opposizioni a strattonare il capo dello Stato chiedendogli di non firmare il provvedimento. E quest’ultimo irritato che si sfogava così: «I professionisti della richiesta al presidente di non firmare sono numerosi ma molto spesso parlano a vanvera». Un chiaro riferimento a Di Pietro che infatti, nel giro pochi minuti, rispondeva così a Napolitano: «Noi dell’Italia dei Valori non abbiamo né intenzione né soprattutto tempo per polemizzare con il capo dello Stato. Piuttosto ribadiamo che la responsabilità di questa legge è del governo Berlusconi e della sua maggioranza complice».
La mattinata è iniziata proprio con lo show dei dipietristi che, dopo aver dormito in Aula, hanno occupato i banchi del governo. Scelta condannata anche dai rutelliani dell’Api che hanno attaccato i colleghi: «La stravagante e irragionevole scelta fatta dal gruppo dell’Italia dei Valori di occupare l’Aula scimmiotta la stessa tracotanza che ha dimostrato di avere il governo e la sua maggioranza nei confronti del Parlamento e delle sue funzioni». Dopo vani tentativi di spodestarli dalle poltrone governative, i dipietristi sono stati quindi espulsi dal presidente Schifani mentre l’ira del leader Di Pietro si abbatteva sul Pd, considerato «molle»: «Voi dell’opposizione e voi cittadini... Svegliatevi perché fare Ponzio Pilato è anche peggio di Erode». Forse anche da qui la decisione del gruppo guidato da Anna Finocchiaro di non partecipare al voto: «Comincia il massacro della libertà. Chi vota la fiducia, vota la limitazione della libertà di informazione e di essere informato, la limitazione dei mezzi a disposizione degli investigatori per accertare reati, per individuare i colpevoli, per punirli». Decisione, questa, che ha provocato la reazione del capogruppo del Pdl Maurizio Gasparri: «Siamo orgogliosi di votare questa legge dopo aver applicato al suo interno quella democrazia che voi ignorate e calpestate - s’è rivolto alla fila di senatori che lasciavano l’Aula -. L’atteggiamento dei colleghi non è democratico ma una manifestazione di disprezzo delle istituzioni e arroganza».
Critico anche il coordinatore del Pdl Sandro Bondi: «La sinistra in Italia non cambia mai. A ogni scelta impegnativa riemerge una invincibile faziosità refrattaria a rispettare le ragioni degli altri, indifferente ai dati della realtà, rivolta al ribaltamento della verità e alimentata da un odio senza freni». Non tutti, però, hanno seguito l’ordine della capogruppo: le radicali Emma Bonino e Donatella Poretti, infatti, sono rimaste al loro posto votando contro. Non hanno partecipato al voto, invece, Renato Pera, i sette senatori a vita e i tre senatori del Movimento per le autonomie.
Intanto fuori dal Palazzo aumentano le iniziative di protesta. Una di queste l’ha lanciata la Fnsi, sindacato dei giornalisti, che ha già annunciato un black out dell’informazione. Decisione contestata da Daniele Capezzone: «La Fnsi dovrebbe spiegare come mai solo in Italia ci sia, da anni, una pubblicazione extra o contra legem di conversazioni private, non di rado con plateali violazioni del segreto istruttorio.

La loro è una mobilitazione politica».

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