«Black hole», buco nero. Il nome della tanto reclamizzata inchiesta anticorruzione della procura di Larino (sede distaccata di Termoli) che dopo quattro anni langue nel dimenticatoio senza nemmeno approdare a una richiesta di rinvio a giudizio, ben si adatta ai buchi in cassa della giustizia italiana. Già, perché con il deposito degli atti ai difensori è emerso (ingigantito) ciò che quotidianamente salta agli occhi in tantissimi altri processi: allo spreco enorme di denaro per intercettare e trascrivere le conversazioni degli indagati, in quest’angolo di Molise si sono buttati tantissimi soldi per riportare, nero su bianco, centinaia e centinaia di messaggi (in voce e via sms) dei gestori telefonici nonché le chiacchierate intime fatte sul lettino di una ginecologa.
Nel caso in questione si è infatti scoperto che per investigare su un presunto centro di potere guidato dall’ex sindaco di Termoli, nonché ex deputato dell’Udc, Remo Di Giandomenico e da sua moglie Patrizia De Palma, primario di ostetricia, la procura di Larino non s’è risparmiata: secondo i difensori degli indagati, 80mila sono le pagine che riportano le trascrizioni pagate dall’erario 163mila euro. La metà di queste pagine riguardano conversazioni private, anzi privatissime, estranee ai fatti contestati, non utilizzabili al fine dell’indagine. Il 30 per cento, poi, riporta i numerosissimi messaggi delle diverse compagnie telefoniche, messaggi tradotti e messi in conto al tribunale: «Il cliente da lei chiamato non è al momento raggiungibile, la preghiamo di richiamare più tardi», «Il cliente è impegnato in altra conversazione», «Servizio chiama ora di...», «Dopo il segnale acustico registri il suo messaggio», «The customer you have dialed, is not available at the moment, please tray later», «... Servizio di segreteria telefonica...» e via discorrendo. Oppure le promozioni degli operatori telefonici incentrate sul «paghi meno e parli di più».
Un restante 10 per cento del materiale raccolto rientra in una categoria inclassificabile poiché riporta le angosce, i dubbi e le speranze di centinaia di donne che si sono sottoposte a una visita ginecologica dalla dottoressa Patrizia De Palma (la moglie del sindaco) all’ospedale di Termoli oppure nel suo ambulatorio di San Severo. Pagine e pagine, diventate pubbliche, con i segreti più intimi delle signore molisane. Quanto possano tornare utili le prescrizioni di esami e pillole contraccettive, i medicinali per curare infezioni e patologie sessuali, sinceramente sfugge. Così come sfugge la ratio di quest’inchiesta che sembra raggomitolarsi su se stessa, e che addirittura ha prodotto un bis con la «Black Hole 2» (condotta, come la Black Hole 1 dal pm Nicola Magrone, ex deputato di centrosinistra) nella quale si è ammanettato, con accuse discusse e discutibili, pure un colonnello dei carabinieri. Gli oltre cento indagati da anni reclamano provocatoriamente l’apertura di un processo che invece non si fa non solo perché la procura di Larino non ha chiesto alcun rinvio a giudizio bensì perché, trascorsi quattro anni, deve ancora chiudere formalmente le indagini.
Due inchieste, una più surreale dell’altra, secondo l’onorevole Carlo Giovanardi, autore di interrogazioni parlamentari di fuoco. Non solo a lui riesce difficile capire come sia stato possibile arrestare o indagare esponenti delle forze dell’ordine e avvocati, ad esempio, per non aver pagato quindici fotocopie, per aver usato il pc dell’ufficio per collegarsi a un sito porno, per esser stato in disaccordo con un subalterno. E che dire dell’ex sindaco Di Giandomenico, finito sott’inchiesta nel 2003 ma iscritto nel registro degli indagati solo a fine 2005, ossia alla vigilia delle elezioni politiche del 2006. Come giudicare, ancora, certa spettacolarizzazione delle indagini culminata con l’interrogatorio di Luca Cordero di Montezemolo, ascoltato solo perché, in una telefonata, la moglie del sindaco parlando di un ecografo (rubato, secondo la procura) lo aveva tirato casualmente in ballo in un discorso molto più ampio. Alquanto irritato per il fuoriprogramma, Montezemolo non ha potuto far altro che ribadire quanto già trapelava dalla lettura delle intercettazioni, dai pedinamenti, dai controlli incrociati.
E cioè che non solo non conosceva il sindaco Di Giandomenico o la moglie, ma che la Fiat non era mai stata sollecitata a farsi regalare un ecografo. E soprattutto che lui, Montezemolo, a Termoli non ci aveva mai messo piede in vita sua.(ha collaborato Nadia Muratore)
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