Con le intercettazioni lo strapotere dei giudici riduce la democrazia

«Chi custodirà i custodi?», si domandava nel secolo VII a. C. il profeta Isaia. Oggi questa domanda ritorna: chi custodirà i custodi cioè i giudici?
Essi hanno grandi benemerenze verso la Repubblica. Furono i primi, e allora furono soli a combattere sia la mafia che il terrorismo. E videro l'una dilagare negli appalti e nelle trame con il potere e l'altro sorgere come cultura. Il teorema Calogero indovinò le conseguenze terroristiche di Potere operaio, che aveva allora l'appoggio di Toni Negri e l'interesse di Massimo Cacciari.
Non eguali benemerenze hanno acquistato nei processi del '92-93, che ebbero per protagonista un magistrato così poco magistrato come Antonio Di Pietro. Oggi si atteggia come braccio politico della magistratura in Parlamento. E nessun magistrato, nessun corpo della magistratura, nessuna istituzione rappresentativa di essa, ha mai contestato il ruolo di pubblico accusatore rimasto legato in politica al pm del circuito mediatico giudiziario. Le intercettazioni danno oggi un grande potere ai giudici. Il telefono, comunicazione privata e personale, è divenuto il luogo in cui un cittadino può essere incriminato o incriminarsi, solo con le parole. Gli intercettati parlano in libertà, vengono considerati dalla magistratura responsabili delle cose che dicono e credibili le indicazioni che fanno su altre persone. Le intercettazioni genovesi hanno coinvolto il Vaticano e la Curia genovese, quelle napoletane il Sottosegretario per i rifiuti: un'alta autorità morale e una funzione istituzionale, moralmente innalzata dalla necessità che affronta.
In Italia ci sono la mafia, la camorra, la 'ndrangheta e la sacra corona unita ma, leggendo il libro di Saviano, Gomorra, alla luce dei fatti di Napoli pare di capire che la camorra si muova in tranquilla sicurezza. La 'ndrangheta è diventata anch'essa un potere mondiale, le vittorie sulla mafia le hanno ottenute gli americani. Aspettiamo qualche notizia dalla mafia pugliese. Le intercettazioni hanno praticamente distrutto l'autonomia privata del cittadino, ma non hanno aumentato il potere della legge. Esse sono cadute sul personale della politica e ora anche di quello dello Stato. L'Italia è un caso unico perché i cittadini chiedono il rafforzamento dello Stato e le intercettazioni cadono su di esso. È qui che sorge il problema di quanto il diritto del cittadino al suo privato possa essere violato dalla sicurezza pubblica che di fatto non si produce. Il sistema italiano suppone un fatto indimostrabile: che i giudici, i soli esenti finora dalle intercettazioni, siano incorruttibili. Il che è stato smentito in qualche processo, ma erano processi contro magistrati che erano accusati di essere corrotti dalla Fininvest.
Vi è un clima di collaborazione nella politica italiana e la maggioranza di Berlusconi non ha proposto mutamenti nell'ordine giudiziario, che pure sarebbero necessari per evitare che la magistratura continui a essere un potere corporativo e autoreferenziale.

Ma almeno la limitazione radicale delle intercettazioni in casi che devono avere particolari garanzie, può tutelare la libertà del cittadino da un potere dei giudici che è diventato un potere assoluto perché operato da soggetti supposti incorruttibili. Per legge. Per costume.
Questa non è democrazia e non è nemmeno libertà.
bagetbozzo@ragionpolitica.it

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