Yara, al presunto killer "trema" il cuore

Il muratore mostra i primi segni di cedimento: "Stress", dicono i medici. E la sua difesa vacilla sempre di più

Yara, al presunto killer "trema" il cuore

L'uomo dagli occhi di ghiaccio mostra segnali di cedimento. Nel carcere di Bergamo finora Massimo Giuseppe Bossetti è apparso tranquillo, certo del fatto suo, padrone di una situazione che avrebbe gettato nella disperazione chiunque altro. «Una persona normalissima, padre di tre bambini, mentre quando pensiamo a un omicida pensiamo a una persona feroce», ha detto ieri durante la messa domenicale il parroco di Brembate, don Corinno Scotti, augurandosi che non sia lui il killer di Yara.
I primi giorni Bossetti ha taciuto davanti al pm Letizia Ruggeri. Forse voleva capire quali elementi avesse contro di lui, oltre al Dna. Giovedì invece ha risposto al gip Ezia Maccora cercando di allontanare i sospetti. Ma forse il muratore accusato di aver ammazzato brutalmente Yara Gambirasio è stato tradito dall'eccesso di sicurezza. Perché la versione verbalizzata presenta lati oscuri.
Sabato Massimo Bossetti ha avuto un malore in carcere. Un episodio improvviso di tachicardia. Il personale medico del carcere bergamasco ha sottoposto l'uomo ad accertamenti. Non è stata una crisi cardiaca grave, il 118 non è stato fatto intervenire e il detenuto non è stato trasferito in una struttura sanitaria. I medici tuttavia hanno consigliato di spostare il meno possibile Bossetti.
Lo stress per le accuse. Il rigido isolamento in cella. La scoperta che il suo vero papà non è quello che l'ha cresciuto. Le preoccupazioni per i tre figli piccoli e la moglie che non lavora. Il malore è frutto di tutto ciò. Ma forse anche delle crepe nella sua ricostruzione. Sono tre le circostanze fornite dal presunto killer nell'interrogatorio di garanzia che hanno acceso l'interesse degli investigatori, ora in caccia di nuovi riscontri.
Bossetti ha parlato di Giuseppe Guerinoni. «Quando venne fuori quella storia chiesi a mia madre se lo conosceva», ha ammesso il muratore di Mapello riferendosi al momento in cui si diffuse la notizia che l'autista morto nel 1999 era il padre biologico di «Ignoto 1». Perché rivolgersi alla mamma? Massimo sospettava qualcosa del loro legame clandestino? O addirittura ne era a conoscenza e cominciò a temere che gli inquirenti potessero prima o poi arrivare a lui?
C'è poi il giallo del percorso casa-lavoro. Bossetti ha detto che quando Yara sparì lavorava in un cantiere di Palazzago, località una decina di chilometri a nord da casa Bossetti a Piana di Mapello.
«Il 26 novembre 2010, dopo aver lavorato nel cantiere di Palazzago, sono tornato subito a casa, percorrendo il tragitto abituale, che mi porta a passare anche davanti al centro sportivo di Brembate Sopra»: queste le parole messe a verbale. Il centro sportivo è l'ultimo luogo dove è stata vista Yara. Ma il tragitto più breve tra i due paesi, quello che ogni pendolare percorrerebbe, non passa da Brembate Sopra. Perché allora Bossetti allungò il tragitto e i tempi di percorrenza? E come mai ha sentito il bisogno di confermare la sua presenza nel paese dei Gambirasio?
Nel tentativo di fugare ogni sospetto, il muratore ha messo a verbale altri dettagli: «Ricordo che cosa feci quella sera perché passando di fronte al centro sportivo vidi furgoni con grosse parabole e ne fui attratto». Questo particolare è palesemente falso. La scomparsa di Yara fu segnalata dalla mamma Maura Panarese alle 19,30 di venerdì 26 novembre 2010 con una telefonata alla centrale operativa dei carabinieri di Bergamo.

Il brigadiere che prese la chiamata ricorda di aver consigliato alla donna di rivolgersi alla caserma di Ponte San Pietro per la denuncia. Le ricerche scattarono sabato mattina. Impossibile che le postazioni mobili delle tv fossero a Brembate già venerdì mentre Bossetti rincasava dal lavoro.

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